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sabato 22 settembre 2012

Quel fragile settant'otto


Divise l'aria dall'aspro odor dei monti
e dal suo, intimo e selvaggio
di ambigua donna di frontiera
in sottile luce del mattino
e in quel taglio di gentile dormiveglia, 
in cui sospeso tra una camera d'albergo
e il paesaggio un po' veloce dal finestrino
correva verso l'Ungheria
tra sbadigli e voci di confino.
Suoni di rotaie e di un buongiorno appena
in mezzo inglese ed un sorriso misto...
e poi chiuse quella porta
 nella luce dei suoi occhi
che incuotevano sospetti.
Aveva un libro tra le mani
 scolorito a malapena...
e un foglio nella tasca del suo vestito nero.
Brillanti d'orecchini in quel soave volto
dentro un viaggio diretto nel mistero...
aveva il cuore immerso nel veleno.
E dannata donna che si pose a me di fronte
velata bocca, ma di un rosso intenso le sue labbra...
 gambe lunghe dentro seta d'ombra
catturarono i miei pensieri
mentre il treno attraversava pallidi balcani.
Passioni ed omicidi,
spie trafugate nel remoto
nel distinto oriente di una voglia
di stare dentro al suo,
come un film in cui accade tutto
e dove gli occhi parlano da soli
oltre proprie vesti 
che proteggono il candido colore della carne.
E come se un lampo tracciasse l'aria con la luce...
fuggo dalla notte che mi toglie la speranza...
disse a voce...
 col rimpianto di una persa gravidanza.
Poi si ammutolì di colpo
ponendo il capo sopra al vetro
raccontando del suo uomo che l'aveva tanto amata
lasciandomi nel vano tentativo di un discorso.
Divise il tempo dai colori a tinte forti
dentro un grigio di dolore
e dal battito che vibra
al sensuale modo di muovere le gambe...
forse apposta, e in cerca di un sorriso
che smuovesse le sue ombre.
Dannata donna, e forse ladra
di quei forti sentimenti
che vagano nel nulla... e uno infin si perde.
Mi trascinò tra pagine del suo vissuto
nel sapor delle sue labbra
in cui ero già caduto
nell'estasi di muta intesa
e di un qualcosa che poi tramuta
in vil discesa.
Libidine senza veli fu quel viaggio,
entrambi persi in un medesimo capitolo
da cui eravamo già fuggiti.
Nemmeno l'uomo col berretto
chiedendo il misero biglietto
separò quell'attimo da un disegno troppo astratto.
Scendemmo insieme nel giorno consumato
di una terra deformata dai vapori
e di sogni nel cassetto...
e ci perdemmo nel profumo del sandalo d'inverno
sconosciuti entrambi in quel fragile settant'otto.

Andrea Iaia

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