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mercoledì 26 febbraio 2014

E' a letto che...




A volte,
ci facciamo del male,
perché abbiamo difficoltà a rinnovarci
in un amore statico
fatto solo di nostre parole.
Gli schemi dell'amore pulito,
del bravo ragazzo,
o di lei che vorrebbe più attenzione,
non valgono quando si è lontani
e sono catene che ci obbligano a dire
che tutto va bene e che ti amo sino a morire.
Ed invece è a letto che uno diventa più vero,
perché incollare la bocca,
e rapprendere con la lingua gli umori dell'altro...
perdersi negli occhi di certa passione,
dicono tutto, persino quello che non si è mai detto.
E vorresti inalare a fondo gli odori della sua pelle,
per sentirne il profumo quando ti manca...
mentre scivola dentro il tuo corpo
ed è lì che lo senti tuo, sino a sentirne dell'anima
quel certo brivido che ti percuote.
E se consideriamo l'amore una vera emozione,
ci facciamo dell'altro male,
perché invece è una comprensione
profonda che l'altro/a riesce a completare 
nella parte di te
e lo perfeziona con quel silenzio,
perché sa che alla fine verrà a darti persino le pene.
E ci facciamo del male
perché non riusciamo a capire
che la vita ci passa accanto 
e non ce ne accorgiamo nemmeno...
e che le parole sono solo un monologo su un palcoscenico
che può essere ovunque,
ma non quando si vive assieme.
Ci si cerca solo per essere spettatori di se stessi...
ma è a letto che senti il suo sangue vibrare col tuo
e vorresti non staccarti mai dall'unione dei corpi, 
perché l'unico cuore che batte è solo uno,
quello infuso nell'altro e sai, che tra l'ombra e l'anima
sei profumo, inchiostro indelebile
che scrive la tua parte di vita,
quella che hai sognato sin'ora.
E può essere attrazione morbosa,
fragilità di non essere compresi,
ma è lì, che si gettano maschere e tiri fuori dal corpo
la tua vera natura.

Andrea Iaia

lunedì 24 febbraio 2014

Il destino...


Il destino a volte, conosce bene 
dove e quando venirti a prendere.
E' una parte di te stesso che viene a ricongiungersi
quando meno te l'aspetti,
anche se non ricordi
di aver con lui steso un bel contratto.
"Voglio qualcosa che somiglia
a ciò che non conosco...
ma che sia amore", dici,
mentre il tempo scorre inesorabilmente,
e non ti bastano le emozioni che son passate...
magari quei sorrisi
che han lasciato il segno di felicità vissuta,
quando inesorabilmente,
 come una moneta sopra l'erba
che cade senza far rumore,
o una spada che taglia in due il volto dai due colori
viene lui, l'ospite inatteso,
con quel peso di passare indesiderato
e di tagliare in due quel desiderio
e darti voglia di combattere.
Ha il tuo pensiero tra le forme
ed ha voglia di danzare nella stessa lingua
dei tuoi sensi...
e di riportarti le parole che si sono perse,
magari quelle che non ricordi
mentre aspetti il sole e sempre buone cose, 
come un viaggio progettato,
un evento o un incontro innamorato.
Solo che... non hai preparato la valigia
ed è un boomerang che ritorna
in un giorno grigio...
ed ha il vestito della pioggia
su qualcosa di diverso
che rompe col normale e lascia il segno
come un morso nella carne.
E può essere fatale, come un passaggio nel mistero
che chiude la presenza di quel fascino di vita,
e che comunque ti appartiene
ed ha il sapore di quel bacio
che socchiude le tue labbra
in una identità che credi sia perduta
ed invece è pulita.

Andrea Iaia

domenica 23 febbraio 2014

Non ti conosco ma...



Mi mordo le labbra
per controllare la voglia indecente d'averti...
scomposta, in quel mezzo sogno
in cui ti invento
tra le ombre di questa stanza
così, dannatamente perduta
nei meandri di un letto 
che sento ora troppo grande
in cui riesco ad imbrogliare fotogrammi di te,
che mescoli il tuo corpo col mio.
Vaniglia, il profumo inebriante di sesso inventato
o perduto nella mia mente,
in cui frammento gli umori di lingua
sulla mia vogliosa di unirsi alla tua...
e mi gioco il coraggio
nella verità crudele
che mi vede arrogante nella vergogna
perché sono donna e madre fedele.
Non ti conosco, ma so che quando t'incontro
io non sono più io
ma quella che ha voglia di te
e che per te farei qualunque cosa
oltre i limiti della follia
e di quello che non faccio col mio compagno.
Non ti conosco, ma c'è quella strana magia
come se girasse un foglio
e mi facesse dimenticare che ho figli
e di essere un'altra...
in cui appena ti vedo
mi attiri e mi fai fermentare di sesso
nella mia ibrida voglia d'averti.
E intanto viaggio in modo morboso
in quel che mi piace,
perché il tuo stile mi accompagna ad essere femmina
dentro i grandi silenzi di una donna normale.

Andrea Iaia

giovedì 20 febbraio 2014

Tentacoli di follia



Tentacoli di follia,
quelli che si esprimono
a piccoli morsi sulle pelle nuda,
inconsapevole di ciò che l’attende.
Lei è sdraiata e ancora vestita
delle sue emozioni,
ma con la voglia di essere esplorata
dal suo stesso desiderio...
e allora chiude gli occhi e le gambe
che si rigano
al bisogno di maschio
e di avere con lui un momento indimenticabile.
E con i sensi e l'olfatto
annusa e riconosce
l'odore di uomo che si avvicina
e rende più seducente il profumo
del bisogno di sesso.
Lui la tocca, seduce i suoi istinti
facendole mordere il labbro...
e saranno gli attimi di dolce deglutazione
di umori sospesi d'attesa
che si riempiranno di silenzi e pensieri
che prima erano turbati...
saranno tentacoli di follia
quelli che si uniranno
dall'odore della stessa voglia carnale
che la faranno aprire al piacere.


Andrea Iaia

domenica 16 febbraio 2014

Se posso togliermi le ali...



Mio Dio, perché mi hai fatto simile
al mondo umano,
quando non posso dare la mia mano
a chi ha bisogno di un po' d'aiuto!
E perché queste ali,
se non posso poi volare
o sorvolare quei pensieri
che si spengono
ed uno non vede più la luce!
In diretta con il tempo
finisce che ci perdo
ed uno poi non spera in quell'aiuto
per rialzarsi dalla caduta
e proseguire con fiducia il suo cammino.
E mio Dio, perché sono così vicino
a chi crede che quelle pillole
possano fargli intravedere il paradiso
se non può vedersi nemmeno in viso
e capire che il volto si trasforma 
quando crede alle favole di chi la trascina dentro.
Se posso togliermi le ali
ed essere forse agli altri uguale,
vestirei i panni di un dottore o un infermiere...
e non di un predicatore che trascina a sè 
solo quelli un po' migliori
non per far proseliti di Cristo,
ma per godere di un ceto medio più composto
e sedersi al primo posto...
oppure i panni di un indigente
o giusto un mendicante
per vedere quanti fanno finta di vedermi
e passare oltre...
e poi farsi piangere il loro cuore
ad una scena che commuove
in una fiction che non esiste
o un terzo mondo d'aiutare,
magari con un euro o una piantina da portare
ad una ricerca che serve ad arricchire
un altro che ci prova.
Mio Dio, perché non posso intervenire con i tuoi poteri
a chi distrugge il mondo 
e seppellisce sotto terra
veleni che non sono pomodori
e ricchezze con il beneplacito del potere
che accumula tesori e riduce il popolo alla fame.
Perché non posso poi fermare quelle mani
violente ed assassine,
o i pirati della strada imbevuti sino all'osso di quel vino
che invece di essere di buongusto per il palato
omologa un omicidio cucito e prepagato...
impunito poi grazie ad un avvocato.
Se posso togliermi le ali,
vorrei essere quel giudice ma dal tocco più divino
e non che si commuove da un grande ciarlatano
convinto d'avere un cuore umano.
Vorrei essere quel qualcuno che bussa alla tua porta
per chiederti se hai tempo per sentire la mia storia,
e non sentirmi dire... passa un'altra volta,
perché se devo raccontarti che avere le mie ali
non servivano a farmi avere la parola...
è per te che io ho fatto questa scelta.

Andrea Iaia

venerdì 14 febbraio 2014

Dentro lo specchio ricordi mescolati



Quel tuo modo di guardarmi
che prende forma dal tuo volto
e che ne prende le sembianze
in una cornice dello specchio
quando s'imbrunisce il volgere della sera
che come un pennello schiarisce
i toni in controluce e s'imprigiona 
dentro la mia essenza...
sono ricordi mescolati
nel sangue della vita,
che hanno il fascino di un compiuto
di giovani ventenni
in cui ognuno seguiva l'innocenza
con quella che i grandi 
chiamavano imprudenza
e ci mostravano i pericoli.
Ma tu non sei con me 
quando s'alza il giorno...
quando pungo il mio risveglio 
cercando il contatto della tua pelle...
o nel bagliore del sole dentro gli occhi
in cui mi aspetto un lungo bacio,
magari nuda sotto le coperte.
Non sei nel canto di cucina
tra l'acqua che scorre nel lavandino
e il rumore di stoviglie
mentre carichi la moka,
o nella follia di far cadere la vestaglia
e di offrirmi il fresco pube 
all'odore di vaniglia.
Sei solo in quello specchio
come sigillo incancellabile
ad augurarmi la fortuna...
e forse, sei immagine del nulla 
di qualcosa che mi manca,
o un pezzo della luna 
in cui un angelo m'imprigiona 
al tuo modo di pensare.
Ma quel tuo modo di guardarmi
io l'ho conosciuto 
in una storia che mi tocca
in cui ventenni 
abbiamo condiviso frasi
e bagnate ciocche 
di frammiste ore di poesia
in una stanza dove non avevamo nulla,
se non un letto e l' anestesia 
di un amore immenso.
Vuol'essere forse un modo
di vestirmi del tuo stile,
in cui per nulla al mondo 
cambierò lo specchio
dei ricordi mescolati
con il sangue della vita,
ora che mi hai seguita 
come eterna ombra
nel tramonto della mia 
e mi aspetti oltre,
per continuare il sogno 
che si è spezzato un giorno
in cui l'aria mutò di colpo 
e mi arrivarono alle nari,
io che ero altrove,
e un gran profumo di ginestre,
di quelle che coltivavi 
dentro vasi alle finestre
mi pervase e capìì che t'avevo persa.

Andrea Iaia

lunedì 10 febbraio 2014

Nessun silenzio è più silente del peso di un'anima



Silenziosa mi resta tra le dita
la tua pelle fresca,
come una rosa spogliata del suo profumo
per farsi odore del tempo vissuto
in una passione immensa,
lacerata solo da un disco muto 
che gira e s'inceppa
su quelle parole
che ti hanno fatto brillare gli occhi
in quel ballo notturno,
e che ti hanno fatto incollare la bocca
umida e carica di voglia
poi sulla mia.
Silenziosa mi resta la stanza
che hanno visto le ombre
animarsi sulla parete,
mentre concepivano sesso sfrenato
in un connubio sul letto
in cui spesso dimenticavamo 
di avere una vita,
nelle mani di un'altra/o.
E il tempo volava e dovevi metterti a posto,
ritruccarti per non lasciar intravedere i segni sul collo,
lasciandomi il tuo profumo sulla mia pelle
a fondersi nei sogni nella giostra delle pupille
che volevano essere oltre la notte,
a vederti dividere il letto con l'uomo della promessa,
per vedere se la stessa passione
era sconnessa come mi raccontavi.
Eravamo nati in tempi sbagliati dicevi...
e dimenticavi che l'amore ti trova ovunque sei.
E i sogni non si possono mai cancellare:
sbiadirsi col tempo sì,
perché la rosa nelle tue mani appassisce
nella follia di una tortura
in cui nessuno si prende cura
di un amore nato per caso...
ma guarda solo al suo io
come se lui stesso fosse un'intruso.
Nessun silenzio è più silente del peso di un'anima,
che se ritrovasse la voce, ritorna l'odore
e il profumo di pelle abbracciata
e di bocca ancora unita
in quel cercarsi e unire la stessa lingua che parla al cuore
in modo profondo.

Andrea Iaia

sabato 8 febbraio 2014

Ti ho visto partire



Ti ho visto partire un giorno di pioggia
e non ricordo nemmeno il tuo nome...
anche se dentro il mio cuore
hai impresso il tuo stile
come un segno indelebile.
E mi hai amata tra lenzuola di lino,
intrecciando un tessuto fatto di pelle
fra le mie gambe,
in cui ti ho concesso il mio frèmito,
comprese quelle paure
che hai saputo togliermi con il tuo appetito.
Ti ho visto partire
come un sogno che dolce è passato
in quel treno, forse l'unico 
che si è davvero fermato nella mia vita,
e non so se sei sposato,
o un fantasma che ha bevuto a piccoli sorsi
come dentro un cristallo la mia povera anima,
ma so che certi momenti
non possono sbiadire dentro i ricordi...
perciò dentro la giacca
avrai trovato il mio numero insieme al biglietto,
e se vorrai un giorno rivivere
la stessa passione,
consideralo un'evasione,
se sei legato ad un'altra donna.
Conosco gli scrupoli dell'uomo,
che prima si dona e dopo scappa,
ma se dovessi passare,
mi troverai calda, con odorosa bocca 
da farsi baciare,
come primizia di un vestito di lingua su pelle.

Andrea Iaia

martedì 4 febbraio 2014

Allora, si faceva festa!



E allora si faceva festa,
quando l'uomo col pianino
veniva sotto casa
e le finestre si aprivano
come a fare entrare il sole
a riscaldare i muri.
Le acerbe ragazzine
con i calzettoni bianchi 
e tirati sopra gli stivali
erano le prime a rompere gli schemi
e a danzare in quello spazio
circoscritto da un suolo polveroso...
innocenza che sposava
la gioia dentro gli occhi,
mentre il mormorio dei vecchi
si faceva musica
dai balconi un po' corrosi
di quella pioggia dei ricordi
in cui essere felici dentro
non era un'ambizione.
Si faceva festa col pane cotto in casa,
un pugno di fagioli
ed un bicchiere di buon vino...
mentre scendevano i fidanzati,
quelli ch'erano scappati
ed ora sulla via, ad ottenere quel perdono...
con la complicità dell'uomo del pianino, 
che incalzava sulla manovella...
e delle buone donne con le mani di farina...
dolci nel vassoio e buon marsala
per creare quel quadretto 
a mo' di dispetto alla mala sorte.
E allora, si faceva festa
col nonno che non sentiva
e confondeva quei promessi sposi
come ladri della sua dentiera
e ridevano i parenti a crepapelle
mentre il ballo andava avanti fino a sera
con il gioco della spazzola
e una quadriglia nel cortile.
Anni cinquanta, patinati e lucidi
come un palpito più forte che mi prende
nel guardare questa antica fotografia...
mia madre balla con mia zia,
nella cornice di splendida poesia
e nel bianco e nero d'altri tempi.

Andrea Iaia

sabato 1 febbraio 2014

Graffi nella pelle



Graffi nella pelle
in quel sottile velo di solitudine,
dove l'orgoglio fa guerra
con quel desiderio di resa
e vuole abbatterlo
dentro un silenzio più grande 
di quanto possa sopportare.
Sentieri che hanno ancora il sangue
nelle cicatrici
di quel male adulatrice di ricordi
che gioca con le immagini
e le sovrappone a modo suo
come un puzzle da ricostruire
in un distorto senso...
e sei a piangere e a mescolare colpe
in quella pelle che forse non è tua,
nell'ibrido momento
in cui vuoi essere nell'oltre,
e non a domandarti
del perché piove sempre sul bagnato.
Ma se non viene la tempesta
non può esserci quel ritorno di profumo
a inebriarti di emozioni...
quello di sentire il tono di solitarie voci
e a farti incamminare nell'immaginario velo
di una nuova occasione,
da prendere magari al volo,
e a disegnare con le dita 
quel ricordo così scomposto
che ti guarda come un cercatore di sorrisi 
sotto un pezzo di quel cielo...
per farti ricordare che c'è il buon Dio
che non ti lascia mai vagare così sola,
e che quel profumo è uno strascico
del camminare insieme.
Ciò che soffre e geme è solo un canto
di questa vita breve...
e quei graffi, che a volte sono nella pelle,
sono limiti dell'anima che si eleva al sole
per attingere dal cielo un poco del Suo amore.

Andrea Iaia