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venerdì 14 settembre 2012

Madre...



Madre...
ho visto i tuoi occhi spenti
in cerca di un figlio
nell'attimo in cui il ricordo
si è fermato sul foglio...
dove fotografie sparse, attimi di tempo
hanno dato la luce
a un sussulto disgiunto.
E hai cercato scale
da dove son caduto, 
per darmi il conforto e il bacio
su ginocchia sbucciate,
 come magia di una medicina
che cancella le lacrime
e abbraccia l'amore.
Ti avevo perso mi hai detto...
e io ricordo quelle parole!

Madre...
ho visto il tuo sguardo sul muro
come a cercare ombre
dove il sole d'estate asciugava lenzuola
su fili stesi in un campo d'erba...
e i deltaplani e gli aquiloni
erano sogni di un andare oltre le nuvole
per liberare emozioni.
E hai cercato dirupi,
frammenti di vita
dove le scelte sono dei salti...
e non ti conosco, un giormo mi hai detto...
e mi hanno fatto male quelle parole!

Ma ora che l'argento ha mutato gli occhi
e una strana magia t'imprigiona in un corpo...
rivedo la donna...
la madre e forse bambina dentro
in quelle rughe che rubano il tempo
e nascondono il velo del pianto.
E sto cercando l'incontro
di quel sorriso perso
oltre il muro del suono
e di quando dicevi...
figlio, nella vita conta il perdono!

Madre,
ho visto l'Onnipotente dentro i tuoi occhi
come la folgore che chiama la pioggia
per bagnare la vita e continuarla
oltre il viaggio nell'infinito.
E il frutto del bene
al posto di innocenti balocchi
dove scalzo e un pugno di fichi secchi
era il cibo di quello che potevi darmi.
E mi sono confuso
nel modo più sciocco
nel gioco di vivere
come un volo di un falco,
e adesso che guardo quello che avevo, 
ricordo l'abbraccio  
al suono improvviso di un tuono...
e quelle parole...
non dimenticarti chi sono.

Andrea Iaia

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