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mercoledì 17 ottobre 2012

Era autunno anche quella volta



Era autunno anche quella volta, e come ora, la brezza di ponente spirava sulla terra selvaggia che s'era vestita di giallo, di foglie morte distaccate dal vento, che prima di posarsi al suolo, avevano eseguito la loro danza ondulante e piangente, lasciando i sussurri al vento. 
Io ero lì, tra gli alberi spogli a contemplare odori di bosco... di resine del pianto d'alberi, e di muffe... di funghi porosi che non osavo toccare per non interrompere l'incantesimo del passaggio invisibile dell'inizio stagione che precede l'inverno. E anche adesso, il mio animo è lo stesso, e il fiume a ridosso della striscia che separa il bosco dalla valle cui mi addentro ogni volta che ho bisogno di riflessione, da l'immagine di me bambino coi calzoni corti nell'acqua ondulante, coi capelli spettinati dal soffio del vento, quasi a rappresentare un tempo vissuto. Il dolce tepore di chi si rannicchia dentro i ricordi accende sempre qualcosa che magari non s'è visto o che si è lasciato passare: l'autunno è anche questo, un dolce ritmo di colori fatto di sensazioni e di odori e sapori, come se fossero preparativi per il letargo d'inverno che deve avvenire. 
Mio padre, stava tagliando la legna con la forza delle sue braccia, fendendo colpi d'accetta e diceva che era la scorta per l'inverno, e sua madre, una piccola donna minuta, meno di un metro e sessanta, sempre a lutto con i capelli raccolti da piccoli ferri di lana, raccoglieva i monconi per depositarli nel suo inseparabile grembiule al ventre per poi stiparli in un alloggio ricavato nel muro accanto al camino per tenerli asciutti. Mia madre invece, cucinava i fagioli in quella pentola legata dai manici e sospesa con una corda ad un anello, su quella cucina ricavata nel muro con sotto i tozzi di legno per tenere alta la fiamma. E come ora, ne sento gli odori di una infanzia passata in quella casa, conoscendo persino i segreti della natura che confidavo a Marinella, la bambina del vicino confinante e che ora vedo nel fiume col suo delicato velo di sorriso che un tempo mi regalava con i primi rossori. Avevamo circa 15 anni ed eravamo molto legati, tanto che, frequentavamo la stessa scuola in classi diverse, e all'uscita, facevamo la strada assieme per tornare a casa. E sia ch'era bel tempo che di pioggia, quei tre chilometri che ci separavano da casa era un viatico dove ci raccontavamo tutto. 
I nostri genitori non si potevano permettere l'autobus scolastico, e quella mezz'ora e più era la nostra intimità che divideva il sogno dalla realtà, come se il futuro iniziava in quel momento. Ero anche un po' innamorato di lei, e credo, lo fosse anche lei di me, ma avevamo paura di dircelo, temevamo si potesse rompere quell'incantesimo fatto di delicati momenti dove a prevalere erano i sorrisi celati a testa bassa. Il fuoco dell'emozione si faceva sentire ogni volta che avevamo un contatto, e ricordo, quando legammo le nostre mani un giorno, così, spontaneamente che mi fecero sentire felice, di quella felicità interiore che escludeva gli interessi materiali e si concentrava solo nel cuore. Io la amo mi dissi: ma ho paura a dirglielo, potrebbe offendersi!
Ecco, nel fiume vedo quei due ragazzi accarezzati dalla stessa brezza e che si guardano negli occhi: cosa c'era poi dentro i nostri occhi, forse la voglia di essere grandi? La paura di cambiare e di non rivedersi? Forse sì. E i timori si realizzarono quando all'improvviso, mio padre a tavola, consumando una cena, una sera, disse a mia madre: sai che i vicini si trasferiscono a Torino? Mi prese un colpo!
Ma ciò che mi uccise fu che lei e sua madre erano partiti immediatamente.
Come a Torino...!!! Così, senza passare per un saluto...
E mio padre apprese il mio malumore e mi carezzò il capo. Poi continuò a dire che lui, il padre, era stato assunto alla Fiat. Glielo aveva detto al bar, e che Marinella e suo madre era partiti immediatamente poiché la madre di lei stava male. Lui invece, li avrebbe raggiunti non appena il compratore della sua casa avrebbe definito i dettagli della vendita.
Non ci potevo credere! Così... tutto in fretta! Eppure, non mi aveva detto niente lungo il percorso del ritorno a casa. Che non lo sapesse neppure lei di partire? Stetti male, e il boccone fu indigesto. Nella mia camera piansi molto, il mio sogno si era infranto!
Dato che lei sapeva l'indirizzo di casa, mi aspettavo una lettera di motivazioni, e invece niente: passò un anno e la rassegnazione si mescolò all'odio. 
Decisi di dare un calcio al passato, ma lei, ha continuato a visitarmi nel mio inconscio.
Perché sono qui ora, che ho trascorso mezzo secolo di gioie e di dolori, ben avendo famiglia sulle spalle e un buon lavoro: forse, per celebrare l'autunno, quella magia fatta di sguardi e di carezze e sott'intesi, visto che mi stai guardando dalla parte del fiume? 
So bene che non avevi colpa, ma se vuoi sapere la mia impressione... ci sono rimasto male, sì... proprio male! Speravo di poterti dire un giorno che ti avrei chiesto di essere la mia ragazza, e poi, col tempo, anche la mia donna. Forse, con te, sarebbe stato ancora più bella questa vita. Le più belle e intense emozioni me le hai date tu. 
Perché sono qui Marinella...
E' stato difficile passare gli autunni senza di te, lo ammetto! Ho condiviso il dolore degli alberi spogli e ho pianto le loro nudità. Mi sentivo nudo anch'io, come se dovessi morire con loro. Ho chiesto se ti avevano vista partire... volevo almeno che mi raccontassero com'eri vestita e se avevi il volto sorridente o no. E mi aspettavo una risposta, che se mi avessero detto che ti avevano vista sorridente ti avrei dimenticata. Ed invece no: hanno preferito tenere il segreto ed io non ti ho mai dimenticata, come l'odore nauseabondo che d'un tratto il vento mi ha fatto percepire nel sottobosco che non era d'erba e funghi o di poltiglia di fiume. Si sà che l'acqua trascina sempre residui o scarichi che provengono da altrove, ma  quell'odore di cenere, più di animale bruciato, lo sentivo persino di notte nelle nari, ed era forte, specie nei giorni di tramontana.
Ma voi lo sentite quest'odore? Chiesi un giorno a tavola ai miei...
Saranno le castagne sul fuoco fu la risposta di nonna mentre s'imboccava la minestra col cucchiaio. E mio padre... qualcuno sta cucinando della carne alla brace.
Tu lo sapevi vero Marinella?
Me lo hai tenuto nascosto come un segreto tutto tuo! Eppure, ci siamo detti tutto, persino le confidenze più intime. Ricordo, quando mi confidasti che eri diventata adulta con le prime mestruazioni. Me lo dicesti a testa bassa ma orgogliosa di tenermi con te a condividere il tuo stato. Quella sera, ruppi il salvadanaio e raccolsi quel che avevo e andai ai magazzini "Standa" a comprarti un kit di trucchi, rossetto e una specie di pinza per allungare le ciglia, tutto alloggiato in un pacco regalo che tenni nascosto dodici giorni e che ti diedi una domenica, mentre i miei erano a messa e ti portai in casa, ad ascoltare un disco degli Aphrodites Childs. Ballammo... e quel contatto, accese la magia del desiderio di baciarci. 
Non avevo mai baciato nessuna Marinella! Tu fosti la prima, e le tue labbra, furono come more succose da raccogliere e assaporare in quel tempo maturo del nostro avvenire. Quella domenica, diventai adulto pure io, e che scemi... i nostri, furono solo baci caldi di passione, che ci diedero quella paura di chissà cosa avevamo fatto. E quella paura si accentuava di notte, quando il dubbio mi divorava che al solo contatto di labbra, potevo averti messa incinta. Anche tu ne avevi, ricordi? 
Sai, non posso immaginarti adulta e invecchiata come me, il ricordo che ho di te è come sei adesso, nel riflesso dell'acqua, immutata e conservata nel tempo. Era autunno anche quella volta, quando seduti nell'erba di questo fiume hai desiderato di essere donna, e quel profumo di te, rimase indelebile sulla mia pelle, tanto che a casa non volli lavarmi per paura di far andare via il tuo odore. Ed invece, questo, nauseabondo, mi soffoca tanto che riesco a malapena a respirare. Dev'esserci qualche fabbrica di veleni da qualche parte mi chiedevo. E domandai persino agli stessi alberi cosa fosse, e questi, abbassarono la testa in quel silenzio spettrale. Non volevano farmi del male, quel male come una pugnalata che ti fende la carne sino a morire. Era autunno anche quando me ne andai a proseguire gli studi altrove, autunno quando mi sposai e quando decisi di tornare a rivedere il mio passato. Ed è stato allora che ho ricevuto quella coltellata nella carne, trent'anni dopo. Fu Lalla, il cane del vicino che scodinzolava intorno a noi, mentre eravamo ricurvi a raccogliere castagne, nei ricci compresi, caduti a terra a darmelo e a svelare il segreto del bosco. 
Abbaiò di colpo e si mise a scavare in un punto, e... avrà trovato un tartufo disse scherzando il suo padrone con la bocca distorta da un accenno di sorriso. Ora mi farà ricco, disse! 
Già... e mica è un cane da tartufi gli risposi, accennando anch'io ad un sorriso che si deformò, non appena scavò più a fondo e ripresi a sentire quell'odore nauseabondo e inconfondibile cresciuto con me.
Dio mio... cos'è... lo sentii pronunciare!
E mi avvicinai, tenendo la mano sul naso e temendo quel che sospettavo ma che non osavo pronunciare: Marinella non era mai andata via da quel posto.
Riconobbi la sua gonna grigia e il suo maglione dello stesso colore. I suoi calzettoni e persino i capelli che erano come li ricordavo. 
Due giorni dopo, tutto tornò al suo posto, come tasselli di un puzzle che dovevano ricomporre qualcosa che mancava. Era stata uccisa da suo padre, nel frattempo morto, dopo aver abusato della sua innocenza. E sua madre aveva celato tutto per paura di rimanere sola. Ecco il motivo del loro trasferimento rapido nel nord Italia.
Caddi in ginocchio ferito mortalmente... e piansi talmente tanto, che il mio amico non osò fermarmi e tenne solo la sua mano sulla mia spalla.
Ecco perché sono quì oggi: a rinnovare il mio amore per te, lo stesso che conservo da quel giorno in cui noi due siamo diventati adulti insieme.
Tu sapevi tutto e hai voluto farmi crescere lontano questo orribile delitto che ha spezzato i nostri sogni. Ma l'odore di morte non ha mentito, e sai quante volte l'ho pensato?
Sai quante volte l'ho detto ai miei e sono stato liquidato con... sogni troppo figlio mio... smetti di vedere film di sangue...!!!
Ti vedo sai? Mi sorridi nelle acque grigie e smosse tenendomi per mano.
E' la stessa scena cui mi ha accompagnato in tutti questi anni, ma devo confidarti anch'io un segreto amore mio: nella realtà, ho avuto una vita parallela con te, come se fossi la mia amante dove ti parlavo... e immaginavo una vita con te con dei figli nostri.
Anche dal mio cuore non sei mai andata via... e mi chiedo ora che succederà... se mi verrai ancora a trovare, ora che so di te, dove sei realmente.
Ti vedo andare via con l'altro me stesso ragazzo, forse a crescere insieme e ad avere quella vita che non avete mai avuto. E ai vostri passi, le foglie, gialle e rosse come il sangue che hai versato, vengono smosse per svolazzare lieve nella magia d'autunno ad esalare il sussurro d'amore prima di cadere nuovamente a terra. 

Andrea Iaia

sabato 6 ottobre 2012

Lascia che...


Lascia che le mie dita
scivolano nell'insaziabile percorso
del tuo volto,
come a ritrovar la strada
in cui ci siamo persi dentro 
il grande salto.
Lascia che accarezzino
ciocche disinvolte
e le scostano dagli occhi,
come a ritrovar sussulti
di sembianze già vissute...
perchè il senso della vita
è somigliarci in questo grande vuoto
dove il corpo è la poesia
in cui l'essere feconda la follia.  
Lascia che la bocca
trovi il suo ristoro nella tua,
nell'insaziabile gioco delle labbra
che chiedono soltanto
il fremere di membra
nell'appassionata voglia di dividersi
nelle ombre...
perchè la chiara luce
è sempre sulla pelle
che chiede acqua
in delicate zolle
dove l'essere bagna le pupille.
E' la magica poesia della luna
che sussurra al manto della notte
frasi adesso più perfette.

Andrea Iaia

venerdì 28 settembre 2012

Il grido alla luna


Cosa ti ho fatto luna maledetta...
per avermi sciolto il cuore 
dentro un orrido effetto
per ingoiarlo nei riflessi del lago
e con il gelo hai tessuto un abito 
con invisibile ago...

 Sortilegio ho bevuto
in chiari di luce spremuti
come frutto, nei giochi di bimba,
dove il risveglio sottile
non è stato quello di un letto,
ma in una squallida terra
coperta di neve dai tratti scomposti.

Hai ricamato luce riflessa
sulle mie chiare pupille...
che han fatto sussurrare
 che ero bella come una stella...
a chi ha posato i suoi quarant'anni
come un velo di tulle sopra il mio corpo
dicendomi di chiudere gli occhi
perché una strana magia
mi avrebbe fatta sentire di colpo più adulta.

E l'innocenza s'è persa in una poesia,
che non è quella dei veri poeti,
ma di storie che poi si assomigliano tutte alla mia
dove il profeta che parla d'amore
è un padre qualunque
che vede solo in suo figlio 
il bambino migliore.

Luna maledetta...
hai giocato col cuore
e hai stregato un orco sulla mia strada
quella volta in cui sono passata 
con la mia bicicletta.
E nemmeno il silenzio ha gridato abbastanza
per ridarmi quell'innocenza
dove le gambe piegate
somigliavano a pallidi giunchi.
Mi hai fatto un dispetto,
girandoti poi dall'altra parte...
luna distorta...
che illumini il cielo e non le coscienze.

Andrea Iaia

mercoledì 26 settembre 2012

Righe ingiallite su fogli d'autunno


"... La tua freschezza ha intriso
il mio tempo
come lo squarcio di un lampo
dentro la quiete...
che in veste selvaggia,
sui colli un po' spettinati
cattura la sera
nei vespri di un giovane prete."
... Una storia qualunque
le lettere giuste e raccolte
dentro una scatola
dall'antico profumo di latte e biscotti...
hanno sempre qualcosa da raccontare,
quelle storie di un certo passato
 che sciolgono cera scomposta 
come fossero lacrime
sulla valle dai dolci contrasti.
L'incenso che penetra in porte socchiuse
per varcare la soglia...
materializza un uomo che bussa una notte
provato e distrutto dalla sua sorte...
cadendo ai piedi di donna che l'apre
scordandosi tutto.
E il respiro del faggio indiscreto
conserva il ricordo di quel temporale:
bussarono ancora... 
cercavano un soldato nemico e bastardo...
e lei con in mano un forcone, 
giurò sul suo Cristo
che gli avrebbe fatto davvero un gran male
 se ci avesse provato almeno ad entrare.
E risero a lungo...
... quella donna è una jena
disse uno che ben la conosceva...
e mostrò ai suoi compagni
gli artigli dentro la carne... 
la sua, che nel fieno con lei ci aveva provato.
Ma quella donna aveva un cuore nascosto
sotto il velo di una stupida guerra...
e curò quel soldato, chiunque fosse,
poiché aveva soltanto vent'anni.
La storia narra stupide cose,
violenze su terre, ombre noiose
su pianure dell'uomo...
che dimentica il caldo profumo di mosto,
il canto delle cicale nelle sere d'agosto...
gli occhi di madre che perdonano tutto.
Quel giovane prete è figlio 
di quel soldato che ha sposato la donna
dagli artigli di jena,
e la quercia conserva l'antico segreto
nella luce del lampo di quella notte
che sulla terra ha gettato il suo seme.
Odori di sènape e intensa lavanda
nel fiocco che lega le voci di antica locanda:
sono storie immerse
dentro un bicchiere di vino
dice qualcuno,
ma io so che gli occhi di nonna
avevano il rosso di sera nelle pupille
 quando leggevo
 righe di lettere chiare e ingiallite
su quei fogli d'autunno.
Dev'essere entrato qualcosa negli occhi,
diceva poi stropicciandosi forte
al bambino vestito d'alunno.

Andrea Iaia

lunedì 24 settembre 2012

Sussurrarti le parole

univers-erotico: fotografia stile ritratto romantico meraviglioso da Петрова Юлия (Julian) meraviglioso stile

Sussurrarti le parole...
realizzare quei sospesi...
è come stendere su tela
colori e tratti di un lieve fuoco acceso.
La parte debole che vuol riconciliarsi
nel profumo dell'aprirsi...
è sempre lui, che ha paura
 di diluire i sentimenti.
L'uomo in fondo, è sempre perso
senza lei e il suo confronto,
e alla fine, ciò che sente
è solo il suo profumo
che confonde e inebria
delicate piume.
Sussurrarti che mi piaci,
non è la voglia di una sera,
ma una porta che si apre 
verso un cielo sconosciuto,
dove brillano i tuoi occhi
e desiderare che cadano luminosi
nel mio mare fatto di tempesta e di bonaccia, 
dove il sentimento brucia.
Appassionata indole dentro il suo vapore
che schiarisce il cielo con la nuova aurora.
Sussurrarti le parole...
per ricevere anche soltanto
di pelle poche briciole.

Andrea Iaia


La pianura di una donna

Photography Ritratto di Солохин Михаил

C'è un temporale che non scorre dietro ai vetri,
e un inchiostro che non scrive sulla carta,
ma apparenze che rimangono
e conquistano centimetri di pelle...
come le farfalle nello stomaco
che svolazzano in una valle.
La pianura di una donna
non è visibile alle pupille,
ma solo in certi sogni,
dove il diario dall'odore di cannella
è chiusa nelle sue evanescenze
che oscillano tra il passato ed il presente.
E in quei tratti inconfondibili,
 segreti e confessioni,
albe ed emozioni
che svaniscono alla sera...
c'è l'augurio che la nebbia si dirada.
Emotivi come onde sulla spiaggia
che accarezzano la rada...
le maree della luna...
la luce dentro l'acqua diluita.
E in quei riflessi...
il volto, come un fiore schiuso...
una lacrima come goccia di rugiada
che feconda la terra del suo uomo.
La pianura di una donna è una strana terra
dove c'è pace e poi la guerra...
e poi la resa,
in sensualità che divora
quella voglia di viaggiare non compresa.

Andrea Iaia

sabato 22 settembre 2012

Quel fragile settant'otto


Divise l'aria dall'aspro odor dei monti
e dal suo, intimo e selvaggio
di ambigua donna di frontiera
in sottile luce del mattino
e in quel taglio di gentile dormiveglia, 
in cui sospeso tra una camera d'albergo
e il paesaggio un po' veloce dal finestrino
correva verso l'Ungheria
tra sbadigli e voci di confino.
Suoni di rotaie e di un buongiorno appena
in mezzo inglese ed un sorriso misto...
e poi chiuse quella porta
 nella luce dei suoi occhi
che incuotevano sospetti.
Aveva un libro tra le mani
 scolorito a malapena...
e un foglio nella tasca del suo vestito nero.
Brillanti d'orecchini in quel soave volto
dentro un viaggio diretto nel mistero...
aveva il cuore immerso nel veleno.
E dannata donna che si pose a me di fronte
velata bocca, ma di un rosso intenso le sue labbra...
 gambe lunghe dentro seta d'ombra
catturarono i miei pensieri
mentre il treno attraversava pallidi balcani.
Passioni ed omicidi,
spie trafugate nel remoto
nel distinto oriente di una voglia
di stare dentro al suo,
come un film in cui accade tutto
e dove gli occhi parlano da soli
oltre proprie vesti 
che proteggono il candido colore della carne.
E come se un lampo tracciasse l'aria con la luce...
fuggo dalla notte che mi toglie la speranza...
disse a voce...
 col rimpianto di una persa gravidanza.
Poi si ammutolì di colpo
ponendo il capo sopra al vetro
raccontando del suo uomo che l'aveva tanto amata
lasciandomi nel vano tentativo di un discorso.
Divise il tempo dai colori a tinte forti
dentro un grigio di dolore
e dal battito che vibra
al sensuale modo di muovere le gambe...
forse apposta, e in cerca di un sorriso
che smuovesse le sue ombre.
Dannata donna, e forse ladra
di quei forti sentimenti
che vagano nel nulla... e uno infin si perde.
Mi trascinò tra pagine del suo vissuto
nel sapor delle sue labbra
in cui ero già caduto
nell'estasi di muta intesa
e di un qualcosa che poi tramuta
in vil discesa.
Libidine senza veli fu quel viaggio,
entrambi persi in un medesimo capitolo
da cui eravamo già fuggiti.
Nemmeno l'uomo col berretto
chiedendo il misero biglietto
separò quell'attimo da un disegno troppo astratto.
Scendemmo insieme nel giorno consumato
di una terra deformata dai vapori
e di sogni nel cassetto...
e ci perdemmo nel profumo del sandalo d'inverno
sconosciuti entrambi in quel fragile settant'otto.

Andrea Iaia

venerdì 21 settembre 2012

Giulia è...

Fotografia stile retrò da eduard zentsik

Sarà forse una follia, 
ma il mio cuore chiede quello slancio 
di dolce verità... 
perché questa sono io, 
colei che combatte sino alla fine 
fino al fragile respiro... 
perché Giulia è questa,
troppo delicata, 
come un fiore appassito
che accetta il male dentro lei
che non darebbe all'altro mai. 
 Forse, un po' si arrabbia, 
ma si rassegna a quel dolore e poi sorride 
guardandoti negli occhi...
perché i suoi silenzi son diversi
e cerca un angolo di anima 
cui nel segreto confidarsi.
 A volte, è come un sasso gettato in un angolo sperduto,
un fringuello che cade combattuto...
ma che si rialza per un volo di ponente
verso nuovi e limpidi orizzonti.
 Giulia riapre le sue ali per la danza libera dell'amore, 
perché ci crede, e suo cuore non rinnega
la sua scatola che non contiene poi 
quelle tante e solite parole...
ma immagini che ha vissuto
e che conserva ancora...
e che sono forse quelle che tu non hai mai visto.
Sono quella di un bacio sulla bocca 
di quel magico dì d'agosto
dove semplice evanescenza
si dissolve guardandoti negli occhi
e ti dice che di te non può fare senza.

Scritta dal cuore di Giulia con la collaborazione di Andrea Iaia

Lo specchio dell'inconscio desiderio

   pittura di arte sensuale da Annick Bouvattier francese

Sei lo specchio di un certo desiderio,
l'immaginaria danza
dell'universo alternativo
che ruota intorno
al debole mio "io"
e che cattura l'anima.
Sensuale vista
di un arazzo un po' fiammingo
per accendere un immortale desiderio
che imbriglia la lusinga
in maniera forse anonima.
Vorrei essere quel lato
dove poni le tue labbra
e colori le tue smorfie.
Quella parte complice di un modo
dove poni il tuo
essere femminile
per un gioco amabile
forse un po' infantile
nella sete di un delirio.
Perché sono certo che ti specchi
per l'orgasmo di ottenere
un misero ed interessante sguardo
di chiunque.
Acqua immacolata di una certa vanità
in cui scorre la sottile e narcisa verità.

Andrea Iaia

Lascia che sia...

martedì 18 settembre 2012

Il Confessore (racconto thriller)


Annalisa sedeva sulla poltrona: gambe unite e raccolte dentro, la schiena curva verso il braccio, e la testa immersa in un settimanale illustrato che teneva tra le mani. Di fronte a lei, Carmela, un'anziana donna di quasi ottant'anni dallo sguardo assente, allettata per il morbo d'Alzhaimer, e oltre, un televisore acceso con il volume basso, giusto per tenerla compagnia. Non aveva mai fatto la badante, ma si trattava di assisterla soltanto la notte, poichè, all'indomani, sarebbe arrivata la figlia della nonna.
Carmela, a volte, sedata dai medicinali dormiva, e le poche volte cui era lucida, il suo sguardo assente si limitava a fissare il soffitto sopra di lei nel suo mondo da vegetale. Veniva alimentata da un sondino naso-gastrico con liquidi, tramite siringa.
Quello che stava facendo Annalisa, non era un lavoro da infermiera, si trattava di uno di quelli saltuari, senza averne la necessaria preparazione e di solo compagnia, giusto per non lasciare sola la vecchietta, in quanto la figlia, avendo famiglia, non poteva trascurarla. Quei lavori intermediari, in attesa di uno che ti sistemi e che per necessità, le donne, ma anche baldi giovanotti, decidono di fare, per mantenersi agli studi o essere indipendenti dalla famiglia. Lavori pagati alla cessazione del servizio, senza contributi versati e risolti bonariamente tra due persone pacifiche. Annalisa, ne aveva provati molti: da banconista al bar, a cameriera nelle pizzerie e persino come presentatrice di una linea di cosmetici, a commessa in svariati negozi, perfino in quelli di cineserie. Il suo diploma era in attesa di essere valutato da numerose aziende cui aveva inviato i curricula, e la speranza... l'attesa di realizzarsi, era al lumicino, dato i suoi 23 anni.
Vuoi fare la dama di compagnia?
... Le aveva proposto Giulia, un'amica che già aveva sperimentato questo tipo di lavoro, una volta, compagna di scuola.
Si tratta solo di fare compagnia, e che sia di giorno o di notte, non fa differenza. Non devi assistere, per quello, ci vuole un diploma d'infermiere e molte famiglie non possono permettersi alti costi.
A fine servizio, ti metti in tasca venti euro. Non capita tutti i giorni, ma in mancanza di altro...
E che dovrei fare?
Nulla d'importante: ci sono anziane arzille che sono sole. A me una, mi trattava come una figlia, visto che aveva nostalgia di un passato remoto e che le sue due uniche erano altrove, maritate. Mi faceva il caffè, il panino con la marmellata e attenzioni che solo una madre può dare e a volte, mi faceva stare male quando alla fine mi metteva i soldi nella borsetta.
Mi è capitato anche di andare a far la spesa o a pagare le bollette a persone sole. Potevo permettermi di studiare, di guardare la tv o di dilettarmi al portatile, navigando in rete. Però, questo, solo due o tre volte massimo alla settimana, e il vantaggio è l'alternativa: se trovi subito dove andare in giorni di stallo, stai a posto. E comunque, ti potrebbe capitare di fare compagnia a persone malate e che sono tranquille. Di notte dormono e anche tu lo sei. Io, prima di essere assunta a tempo pieno, avevo un'agenda fittizia di appuntamenti. Insomma: ti devi dar da fare e accettare qualsiasi cosa che non offenda la tua persona.
Annalisa aveva accettato, e avuto l'indirizzo di una signora, si era recata all'ubicazione della donna.
La figlia di costei, Maria, l'aveva rassicurata: mamma dorme, ma a volte, se si sveglia non devi preoccuparti, devi solo darle un poco d'acqua, facendo attenzione che riesca a deglutire. Alle otto di domani, io sarò qui e potrai andare, per il resto, potrai usare il frigo se ti va di mangiare o bere, oppure farti del caffè. I biscotti sono nella seconda anta in alto della cucina, e in caso di necessità, il telefono per chiamarmi è sul comodino. E' un cordless, e al tasto 1 c'è il mio numero di casa, al tasto 2, quello del mio cellulare. Io ti chiamerò alle 23,00 e domani mattina alle 06,00 per informarmi dello stato di mia madre, e dunque, Annalisa, era immersa in quello che diciamo, un lavoro occasionale, e d'altra parte, si sentiva come a casa sua. La sua prima notte era una esperienza che doveva ancora provare... come si dice: a pelle!
Fece una telefonata col suo cellulare per rassicurare la mamma e poi lo posò sul comodino accanto al letto della vecchia e cominciò a sfogliare il settimanale.
Kate Moss aveva trovato il suo nuovo fidanzato, e Belen, si stava scarrozzando la sua ultima fiamma ed Emma, aveva mandato affanculo il suo. Figuriamoci a chi poteva interessare questi tipi di notizie se non a chi è in cerca di pettegolezzi o chi deve far passare la sua noia, pensò Annalisa, e quel settimanale era lì, insieme ad altri, certamente di proprietà di altre dame passate in quella casa. Alla tv, invece, stavano dando il solito telequiz della serata e da li a poco, un film, dopo il Tg e la solita solfa dei noiosi pacchi.
Nulla di eccezionale in altri canali, e la lettura, seppur noiosa, le dava modo di capire quant'è ingiusta la vita, che da tutto ad un oca e niente ad una che deve sbarcare il lunario. Se non passi dal letto di qualche imbecille o leccaculo pieno di soldi, non sei nessuno, pensava. E inoltre, che senso ha reclamizzare costose macchine o gioielli quando quasi la metà della popolazione italiana è disoccupata o precaria. Ma, girando la pagina, un foglietto con un numero catturò la sua attenzione. La scritta, in corsivo, diceva: se ti senti sola, chiamami. E accanto, un num. di cellulare.
Sarà della figlia Maria o di qualche altra venuta qui, si stava chiedendo, e il dubbio sulla figlia se lo tolse andando a pigiare il tasto 2 del cordless. Non era il suo!
Continuando con la lettura, la tentazione di comporre il numero e di vedere chi le rispondeva era forte, ma se lo fece passare, poichè il suo, poteva essere memorizzato in quello dello sconosciuto e non voleva correre questo rischio. Però, ogni tanto, la curiosità era tale che era combattuta dentro. Dava un'occhiata a quel foglietto che poteva strapparlo o rimetterlo nel settimanale, oppure, lasciarlo sul comodino per farlo notare alla figlia della signora Carmela all'indomani.
Poteva anche trattarsi di altro, ma alla fine, lasciò quel foglietto bene in vista sul comodino.
Un'ora dopo, iniziato un film, Annalisa, talmente presa dalle scene, sussultò non poco, non appena il cordless si mise a suonare. Non erano nemmeno le dieci, e la signora Maria, aveva detto che l'avrebbe chiamata alle 23,00, per cui, prese l'oggetto con sicurezza e rispose... pronto?
Dall'altra parte, una voce maschile, roca, artefatta e impostata sul sensuale prese a dire in modo cadente... come mai non mi hai chiamato, eppure ti senti sola.
Chi è lei... replicò Annalisa...!!!
Ooooohhh... ma il tuo confessore! Il mio numero è lì, perchè non mi hai chiamato?
Guardi che ha sbagliato, io sono un'altra persona. Forse, cerca chi è venuta prima di me?...Disse Annalisa in modo deciso e sicura di se, senza per nulla scomporsi dalla poltrona.
No cara! Cerco proprio te. Ti senti sola, non è vero Annalisa?
Annalisa posò giù la cornetta, questa volta spaventata, poiché quell'uomo aveva pronunciato il suo nome, e dunque, la conosceva. Ma, come poteva sapere che era lì: chi aveva inserito quel foglietto tra le pagine del settimanale?
Pensò ad uno scherzo e tornò alla posizione precedente, gettando uno sguardo distratto allo schermo ed un altro a quel cordless. Non aveva neppure pensato a guardare il display per vedere chi l'aveva chiamata, e rimase perplessa per un poco a meditare. Poi, guardò la vecchietta che dormiva beatamente e scrollò le spalle. Finì per pensare... quell'idiota deve aver sparato a caso, oppure, la ragazza precedente, doveva chiamarsi come me, Annalisa.
Decise di farsi un caffè per scacciare quel brivido provato, ma come fece per alzarsi, lo squillo inatteso del cordless la fece inquietare. Questa volta, guardò il display, e il numero sovraimpresso coincideva con quello del foglietto.
Annalisa... Annalisa... non devi chiudermi il telefono in faccia, prese a dire quella voce roca e cadente. Detesto queste cose, affermò smorzando, quasi come se avesse l'asma.
Senti, non so chi sei, ma chiunque tu sia, stai sbagliando persona. Non sono Annalisa ok?
Replicò la ragazza...!!!
Ahahahahah... non giocare con me... si che lo sei. Hai delle comode Superga grigio topo ai piedi, jeans e camicetta bordò Terranova.
Senti, stronzo! Non so chi cazzo sei e nè come sai chi sono, ma se è uno scherzo, adesso stai andando oltre. Mi stai spaventando!
E' stata Giulia a dirti chi sono vero?
Ahhhhh... ecco la mia Annalisa... quella che preferisco! Amo le donne che s'incazzano... Io... io... non conosco questa Giulia, ma ti assicuro che quel numero sul foglietto era per te e tu non mi hai chiamato. Sei cattiva, continuò a dire lo sconosciuto, sempre con la cadenza di voce che ora era davvero inquietante. Allora: non vuoi confessarti con me?
Ho capito, sei Filippo, il babbeo che fa scherzi cretini. Ma con me non attacca: ora chiamo la polizia e faccio mettere sotto controllo la tua chiamata.
Giaaaaaà.... mmm... e magari dirai pure che all'Ipercoop hai eluso la sorveglianza, quando sei entrata nei locali Terranova e messo nella borsetta la camicetta che hai addosso. E che ne dici, del tuo curriculm alterato: mica hai fatto il master di lingua a Londra.
Chi cazzo sei bastardo! Adesso hai rotto sai?
E Annalisa chiuse il telefono a malo modo, rimurginando e tenendo il broncio, come se quello, avesse violato la sua privacy. Stizzita, si alzò per andare ad aprire il frigo. Da lì, prese un brick di bibita vitaminizzata e se ne versò un poco nel bicchiere, e stava bevendo, quando il cordless riprese a squillare. Non poteva staccarlo, perché doveva chiamare la signora Maria, e dunque, corse a rispondere, anche per non svegliare la nonna.
Sei davvero cattiva Annalisa! Non hai proprio rispetto per il tuo confessore, disse questo. E poi... so tutto di te. Dimmi, è buona la bibita che stai bevendo?
Questa frase raggelò Annalisa!
Cazzo: mi sta spiando, pensò! E si mise a guardare ovunque, in cerca di una telecamera. Poi, si diresse verso la finestra in cerca di qualcuno con un binocolo, in linea d'aria a quello stabile.
Se stai pensando che io ti stia spiando, sei su falsa strada, continuò a dire quella voce ormai bacata nella sua raucetudine. Un confessore conosce i pensieri, e io conosco i tuoi. Allora: ti va di dirmi chi è quel ragazzo a cui hai fatto una pompa in macchina l'altro ieri?
Annalisa, ormai aveva il ghiaccio al posto del cuore. Cosa vuoi da me... disse... tremando di paura.
Te l'ho detto: che confessi, e devi dirmi tutto quello che hai nella coscienza. Se vuoi, abbiamo tempo sino a domani mattina.
E' assurdo, disse Annalisa: e perchè dovrei dirle a te poi...
Per pulirti la coscienza prima che t'ammazzi.
Non vuoi morire in pace?
Senti... vaffanculo, disse! E riattaccò di nuovo.
Spaventata, premette il tasto 2 e chiamò la signora Maria.
E' successo qualcosa? Disse questa...
Mi perdoni signora, ma... e le raccontò tutto.
Va bene, disse la signora, non prima di essersi preoccupata anche lei. Sarà uno che ti conosce senz'altro e ti ha vista salire. Come ha fatto ad avere il numero di casa non lo so. Comunque, stacchi pure il telefono e mi dia il suo di cellulare, la richiamo io domani mattina. Stia tranquilla e non apra nessuno. Domani, chiamerò la polizia e farò controllare le chiamate ricevute.
Annalisa staccò subito la spina della base dov'era inserito il ricevitore. Dette un'occhiata in giro e controllò le imposte. Andò perfino ad accertarsi che la porta di casa fosse chiusa bene e che tutte le stanze, avessero le finestre chiuse. Poi, sprofondò sulla poltrona pensando allo stronzo che le aveva messo paura, ma anche alle sue verità. Doveva essere per forza uno che la conosceva molto bene per sapere tutte quelle cose di lei, e anche quanto fosse ingenuo per aver lasciato il suo numero sul foglietto, prova che lo avrebbe incastrato, se questo, fosse finito nelle mani della polizia. Una cosa però, era riuscito a farla lo stronzo: inquietarla davvero e molto! Annalisa non era tranquilla, specie al pensiero che quello poteva spiarla, e certo è, che quando le ha chiesto se era buona la bibita, la stava veramente spiando.
La pubblicità alla tv la distrasse appena, ma di poco, poichè quel cordless riprese a suonare nonostante la spina staccata dalla presa . Come poteva essere...!!!
Timorosa e col cuore in gola, aprì la conversazione senza parlare.
Oh... Annalisa...!!! Mi credi un deficiente vero? Ok, se ora stai pensando di chiamare la polizia, sappi che non puoi farlo. Il telefono deve essere inserito nella presa e stai parlando con me, e il tuo... guarda bene...
Annalisa, prese il suo cellulare dal comodino, e con enorme sorpresa, scoprì che la batteria si era scaricata. Un sussulto le impedì di parlare.
Sempre più smorzando la voce e tirando sempre più spesso il fiato, quell'uomo aggiunse: ora dovrò ammazzarti sai? E lo farò appena chiuderai gli occhi. Penetrerò nella stanza come ombra e ti ucciderò.
Ma... ma... che ti ho fatto... perchè ce l'hai con me... disse con paura la ragazza!
Perchè sei cattiva e non hai confessato! Ben tre volte mi hai chiuso il telefono in faccia, eppure sono stato educato, ti ho lasciato persino il mio numero. Confessa e morirai in pace!
Cosa devo confessarti... tutto questo è assurdo. Ma perchè non mi lasci in pace...
Vuoi essere lasciata in pace? Ok, se fai una cosa per me, allora ti lascerò in pace.
Che... devo fare... rispose stando al gioco: aveva capito che se quell'uomo stava avanzando una richiesta, poteva smascherarlo. Se ipoteticamente avanzava una pompa, poteva essere quel ragazzo cui si era appartato o un suo amico. E invece, quello la spiazzo con... uccidi la vecchia!
Come... uccidi la vecchia...!!!
Annalisa entrò nell'angoscia e cominciò a tremare. Non posso farlo, disse: non sono una criminale.
Perchè non puoi... guardala! Che vita è quella! D'altra parte, sta aspettando la morte. Prendi il cuscino e mettilo sulla faccia. Tre minuti appena e l'avrai uccisa. Non ci saranno tracce e nessuno ti accuserà! Penseranno che sia passata dal sonno alla morte.
Ma che cazzo dici... tu sei sicuramente suo genero, il marito della signora Maria... bastardo! Vuoi liberarti degli impicci non è vero? Vaffanculo... domani dirò tutto a tua moglie, e me ne fotte un cazzo se dirai ai quattro venti quello che sai di me!
Attenta Annalisa... stai scherzando col fuoco. Ti osservo sai? E smettila di gesticolare. Facciamo così: ti do tempo sino alle quattro, ho il pieno controllo su di te, e se ammazzi la vecchia ti lascerò tranquilla. Oltre le quattro, ammazzerò te!
Non ci casco stronzo! Perchè poi dovrei ammazzarla la vecchia...
Per motivi miei cara. Ma lo sai che sei bella? Certo che una pompa me la farei fare da te. Beh, fai come vuoi, io ti osservo, e se vuoi confessarti, in alternativa all'omicidio, puoi usare il mio numero.
Ma vaff...
Click...!!!
Annalisa, rimase imbambolata. Stavolta era stato lui a chiuderle il telefono. Controllò ancora il suo cellulare: porca merda... era scarico del tutto e non aveva il carica batterie con se. Poi, fece un giro minuzioso per la casa, controllando ovunque e persino sotto le sedie se vi erano micro telecamere, e quando si stancò, si trovò combattuta. Quel maniaco mi ha chiesto di confessare.
Riattaccò il telefono alla presa e compose il numero.
Finalmente...!!! Allora, Annalisa, ti sei decisa a confessare?
Se lo faccio, mi lascerai tranquilla?
Dipende dalla confessione cara! Se mentirai, no! So tutto di te, quindi, evita di dirmi minchiate. Se proprio non vuoi confessarti, allora, ammazza la vecchia!
Devo pensarci rispose la ragazza!
Ok, tempo sino alle quattro, poi ti ammazzerò...continuò ancora a dire quel maledetto dalla voce strisciante e roca. Infine, chiuse!
Annalisa, rimase a pensarci. Pianse! Non aveva via d'uscita.
Guardò la vecchia che dormiva e quel sondino naso-gastrico. Che cazzo di vita sta facendo, pensò! Piena di piaghe poi... non può nemmeno girarsi. E pensò anche, che in fondo, se una santa morte l'avrebbe colta, sarebbe stato un sollievo per la donna. Poi, riflettè sui suoi peccati. Che doveva dire a quel bastardo: che sottraeva soldi al padre dalla tasca dei suoi pantaloni la notte?
Che faceva la cresta sulla spesa?
Che aveva fatto sparire alcuni oggetti d'oro degli affetti personali della famiglia, per venderseli ad uno di quei tanti negozi “Compro oro”? Che non poche volte si era prostituita per soldi?
Già! Forse è uno dei miei clienti, pensò. Ma che dovevo fare...
Come cazzo sbarco il lunario se questo governo maledetto ci ha messi tutti alle ginocchia...
Tre volte era andata da alcuni pensionati, trascinata da amiche che ci erano già state: e per la modica somma di 20 euro, li aveva deliziati con la bocca. Da qualcuno, si era persino lasciata toccare, e questo, era una routine che faceva tre volte a settimana ad ognuno, per mettersi un centone o anche 150 a settimana nella borsa. E a quel ragazzo che aveva menzionato il maniaco, lo aveva fatto gratis perchè gli piaceva.
Vero che aveva sottratto la camicetta ai negozi “Terranova”, come era vero che aveva alterato il suo curricula. E chissà se non sappia anche, che ho causato due sinistri con la macchina di papà e non ho detto nulla perchè sono scappata. Papà trovò il danno all'auto e imprecò al vento, prendendosela con il governo che non puniva abbastanza i delinquenti. Gli venne anche un attacco di cuore e fu portato in ospedale.
Diverse volte, fu presa dal prendere il cordless e confessarsi con quel bastardo, oppure, staccare la spina alla vecchietta.
Poi, vinse la sua audacia, e mandando affanculo il bastardo, ebbe un'idea: prese una bottiglia di birra dal frigo, la aprì e gettò il contenuto nel lavandino. Poi spaccò la bottiglia e disseminò i vetri per terra, vicino alla porta e alle finestre, e ancora, mise delle sedie in contrasto con delle scope e ramazze, in modo che, se il bastardo provava ad entrare, avrebbe fatto rumore. Afferrò un grosso coltello dalla cucina e se lo tenne a portata di mano.
Rientrando, vide la nonna sveglia.
Vuoi dell'acqua le disse?
Non ottenendo risposta e vedendo che la fissava, prese il bicchiere dal comodino e l'aiutò a sorseggiare. Poi, la vecchia, richiuse gli occhi. Guardò a lungo la vecchietta e il cuscino. La sua anima era divisa tra la folle proposta e quella di avere un gesto di pietà. In fondo, avrebbe aiutato l'anziana signora a non soffrire più, e la linea di farlo o non farlo, era davvero sottile. Diverse volte , fu tentata ad essere decisa a compiere quel passo, ma la sua coscienza glielo impediva, e con questo andare, il tempo scese alle tre di notte. Alla tv stavano dando un vecchio film di De Sica in bianco e nero, e in tutto questo tempo, il telefono, rimase muto.
I suoi occhi si stavano addormentando e, nonostante cercava di tenerli svegli e i brividi di freddo la stavano provando, strinse forte nelle mani quel coltello. Si stava chiedendo come poteva penetrare in casa quell'uomo, e se lo avesse fatto dalla porta (sempre sospettando nel genero della vecchia, con dei doppioni di chiavi), si sarebbe fatto male provocando dei rumori. Allora sì che lei avrebbe accoltellato lui.
Più tardi, avvinghiata in quella poltrona, mentre stava per abbandonarsi nel terpore che l'avrebbe condotta al sonno (per ben tre volte, la testa si era abbandonata su di un lato e altrettante volte, aveva spalancato gli occhi, provata dal freddo)... nel silenzio assoluto, la tv era accesa ma muta, giusto per farle compagnia e dare l'idea a chi la stesse spiando che fosse sveglia, lo squillo del cordless la riportò nell'amara realtà.
Brividi in tutto il corpo la percorsero, e il suo orologio al polso, segnavano giusto le quattro.
La voce, sempre più concentrata nella sottospecie d'asma e cadenzata come nei serial killer televisivi, cominciò a dire: Il tempo è scaduto Annalisa! Ora verrò da te e ti ucciderò. E' inutile che hai disseminato vetri di bottiglie ovunque e messo sedie sparse per farmi inciampare. Entrerò come polvere e mi materializzerò davanti a te, e quel coltello che hai tra le mani mi fa ridere.
Cosa credi di poter fare davanti ad un ombra: davvero credi di poterti difendere?
Smettila bastardo! Ma che ti ho fatto poi... lasciami in pace!
Annalisa... Annalisa... ti do l'ultima possibilità: confessa o ammazza la vecchia...
Pur combattuta e intimorita... quell'uomo la stava spiando in tutto e sapeva molto di lei... vinta dalla parte malvagia, con l'altra mano prese il cuscino e lo mise sulla faccia della vecchia tenendolo per poco e pressando. Poi, presa dal terribile rimorso, fece cadere il cordless e il coltello e fuggì in bagno piangendo e vomitando.
Non posso farlo... no... non sono un'assassina... ripeteva singhiozzando, mentre era china con la testa sul water e le ginocchia piegate sul pavimento. Gli attimi in cui vessava il suo stato furono veramente drammatici, poichè passavano dall'azione compiuta al pentimento. Poi, versata anche l'anima in quella tazza, si alzò, e dietro di lei, la sagoma di un'ombra la fece restare immobile. Tremando tutta, e girando il capo, gli occhi puntarono ai piedi per alzarsi lungo le gambe, il corpo e il volto. Davanti a lei, la vecchia, in piedi e con il coltello in mano, il suo, che aveva lasciato cadere. Hai fatto male a non ammazzarmi, disse la vecchia!
Non ne posso più di fare questa vita da vegetale. Non ti sei nemmeno pulita la coscienza.
Ora dovrò cercarmi un'altra ragazza.
Con gli occhi sbarrati e pieni di paura... tutto aveva pensato, fuorchè che il bastardo che la vessava era già in casa nella personalità di quella vecchia... Annalisa non ebbe nemmeno la forza di gridare, poiché la lama vibrante nella mano dell'anziana donna in camicia da notte, fece scendere il buio su di lei.
Ohi... ma... mi stai ascoltando?
Dico a te... ci vuoi andare a fare la dama di compagnia... le stava dicendo Giulia, scuotendola per le spalle per strada.
Ma che ti ha preso... Vuoi rispondermi?
Eh? Io... io... No, scusami Giulia... è che avevo preso un altro impegno, e me ne sono ricordata ora, mentre mi parlavi.
Annalisa andò via ancora scossa, lasciando l'amica sorpresa e pronunciando... fanculo ad anima, che mi mette i brividi con i suoi racconti e mi fa suggestionare talmente da farmi entrare nella scena.

Andrea Iaia


Tutti i diritti sono di proprietà riservata.

domenica 16 settembre 2012

Lalla che torna...


E' passato l'inverno e...
che bello... c'è Lalla che torna...!!!
E' come la pioggia che cade in qualunque stagione,
un arcobaleno che dolce compone
una lunga armonia
dove il silenzio
prende a fare all'amore con le emozioni.
Lalla che torna...
e non sembra poi vero
che un giorno è partita
per cercare l'anima persa
o forse chiusa come un messaggio
dentro il vetro di bianca bottiglia
per arrivare in sponde lontane.
L'avrà presa chi le somiglia,
oppure un gabbiano sopra le onde
in una certa tempesta
per farne coraggio in quella voglia che lotta
e non smette di avere paura.
Lalla che torna...
è sempre una festa
dove il cuore si allarga
e cerca risposte.
Voglio vederla in punta di piedi
mentre entra nel mio e mi offre la mano...
per sussurrarle che anch'io amo quel buio
che ogni tanto mi chiama.
E' passato l'inverno,
e mentre gusto il suo quiete ritorno
chiamo tutti e dico un po' sotto voce...
venite a vedere...
fuori... c'è Lalla che torna...!!!

Andrea Iaia

Profumo di domenica

Ci sono paesi...


Ci sono paesi molto lontani
che possono essere visti solo nei sogni...
dove il traffico non esiste,
e che al risveglio...
odi le voci attraenti
della natura e i suoi cambiamenti.
Paesi in cui la barba non cresce,
dal profumo di torta di mele 
appena sfornato
e quello di un fiore
e di una bocca di un bimbo che nasce
e di un cucciolo che gira ai tuoi piedi
affamato.
Altalene che salgono
per farti vedere cosa c'è oltre la testa
e rondini attorno
che volano in alto e fan sempre festa.
Biscotti di forno e marmellata,
foglie di timo e querce imponenti
dal fusto viziato dai girotondi.
E il vento che lieve accarezza la pelle,
l'odore del mare
e la danza di verde betulla.
 Posti molti più divertenti
che l'uomo non vede
quando è chiuso dentro al suo io
e di quello che poi s'è cucito addosso.
Perché sono dentro di noi 
e non dobbiamo percorrere alcuna distanza 
per esserci dentro 
senza chiederne il permesso.

Andrea Iaia

sabato 15 settembre 2012

Femmina fatale


E' così che t'immagino nelle mie trasparenze...
fuoco ribelle che accendi la notte...
musa che ispiri il vento sul corpo...
l'odore di pelle
mentre la bocca assaggia la carne
e il brivido delle tue mani 
è sopra alle mie spalle.
Femmina dalle maree... 
improvvise di onde sulfuree...
che riesce a inondarmi e a ubriacare la mente,
e sconvolgere in modo un po' disadorno
il tempo nella leggenda.
Seppur voglio darti un nome,
quello migliore sarebbe il mio stesso
perché guardo il mondo un po' capovolto
nella somma del bene e del male
ambiguità forse brutale.
Ma ti sogno mentre accarezzi
la parte integrale di me allo specchio...
illegale furto forse sleale 
nell'unione dei sessi.
Femmina estrosa e fatale
che ingoi la notte 
mentre il freddo del mio temporale
si scalda in gesti brevi e sensuali.
T'immagino in questa sequenza,
 mentre il fuoco che avvampa e mi arde
mi consuma nella coscienza.

Andrea Iaia

Ancora cinque minuti


Su di me la strana danza delle parole...
la voglia di dirti... 
stiamo assieme ancora...
 cinque minuti...
soltanto cinque
per essere dentro quel desiderio
di non lasciarti
e di confondermi
nel tuo odore di pelle
che mi divora.
La danza è una strana magia
che riesce a scacciare
le mie malinconie,
ma anche a rubare attimi di eterna follia.
E se nello specchio 
rivedo me stessa,
so che davanti ho ancora il tuo corpo
mentre mi abbraccia per un addio.
Ed è allora che dico una formula strana,
quasi un sussurro
di una donna che ama
che non vuol perdere nemmeno se stessa.
Ancora cinque minuti...
soltanto cinque...
per sperare che accada qualcosa
e che non mi lasci la mano adesso.

 Andrea Iaia


Maschere

 Maschera veneziana di Valeria 

Strana guerra tra poveri,
dove l'identità è violata dal frutto d'inganno
e si ha la voglia di essere 
quello che dentro non c'è.
Cancellare un ritratto,
rinnegare se stessi
anche se il trucco non copre il dolore
è come un pasto senza il sapore
lungo il viale dell'esistenza.
Ho cucito ferite,
rinnegato le scelte,
e ora mi trovo in quella distanza
tra anime mute e raccolte,
che camminano in modo così disinvolte...
e per ogni esigenza...
una maschera aggiunta sul volto
che è quella che fa scena madre sul palco.
E se si sta bene,
diventa una faccia intrigante
senza essere per niente osceno.
Le maschere in fondo, 
non sono quelle che infine mettiamo,
ma quelle che vengono fuori
quando non sappiamo nemmeno chi siamo.

Ci vuole un sorriso,
e la maschera adatta non è sopra il viso
ma dentro quell'anima 
che fredda accetta
la forzata esistenza dell'altro.
Ho già sparecchiato
la lenta sequenza di un tempo
e mi son trasformato
in giullare di corte.
Ma forse, il trucco è anche un po' forte
per chi non accetta di essere scelto
e vuol fare la vita di un altro.
C'è chi vende il suo corpo sopra la strada
o cerca qualcuno in un certo degrado,
e c'è chi illude la gente
amante del falso
e di condizioni così stravaganti.
Ma ci sono maschere per ogni evenienza,
sorrisi finti ed un volto
che è solo nell'apparenza...
e smettila infine di dire
che è per convenienza:
le maschere non sono quelle che indossi,
ma quelle che vengono fuori
dalle false promesse
e anche quando si dice...
mi dispiace, non posso.

Andrea Iaia

venerdì 14 settembre 2012

Vorrei raccontarti

sogno ritratto di George Corominas

Vorrei raccontarti
di un filo sospeso nell'aria
e di un giocoliere in punta di piedi
che cerca di non svegliare
quel sogno in cui crede.
Aquiloni nel vento
e palloncini in un giorno di festa
mentre dormono tutti
e il silenzio è dentro un abbraccio 
di un certo perdono.
Vorrei raccontarti della tempesta
che sembra passare per farti del male
mentre invece accarezza
la tua parte leale.
E di stelle cadenti,
luci nella platea come acque di mare
che specchiano il sonno
 di un fiore sul davanzale.
Vorrei raccontarti di uno strano teatro
dove la scena è sempre su strada...
del pianto di un bimbo
e un campanello che suona alla porta
e dona il riflesso di vita cancellando le ombre.
Vorrei raccontarti di una certa stanchezza
che viene poi vinta
dal bacio di un dolce mattino
mentre la nebbia nel cuore
poi si dirada.

Andrea Iaia

Una qualunque

elian1: "L'amore è al di là di una delle due condizioni:. senza primavera, senza autunno, è sempre fresco" ~ Rumi (immagine via crescentmoon)

E' come strapparsi l'anima
nel velo squarciato
di un ricordo vagante,
nelle ombre di donna
dallo sguardo un po' assente
mentre cammina scomposta
tra mura di casa.
Ti ho rubata al ciglio di strada
in mutazioni genetiche
di femmina e madre...
ma anche di sconosciuta,
una qualunque, che lava il mio volto
in candide acque...
e ho baciato i tuoi seni
confondendomi dentro quel vino
che inebria gli occhi
mentre scioglievo gli umori
su lingua assetata della tua bocca.
E ho violato la tela che mi separava
da quella coscienza che sotto
di me implorava di farle più male,
nella notte di stelle e brillanti,
sino al mattino,
quando l'ho vista uscire dalla mia mente.

Andrea Iaia

Venezia dentro la pelle

pittura romantica di Richard S. Johnson contemporaneo americano.

Ho lasciato gl'inganni nel salmastro canale
nel celato canto di forme sinuose
per essere pelle da accarezzare
in sponde gentili, 
dove il marmo distende
la sua armonia.
Venezia mi culla nel suo esoterismo
per svelarmi il segreto
delle sue acque.
Fantasmi che prendono vita
tra nebbie e vapori
insieme alle voci dei gondolieri.
E aspetto colui che valica il ponte
per confondersi con gli odori di forno
che si mescolano dentro al rituale
di un sogno...
in cui sono ad un ballo vestita di bianco,
ed un panettiere nel suo,
 stringe appena il mio fianco.
Un vecchio di mare
è forse un po' stanco
ed aspetta una certa signora
mascherata e vestita di nero
e... non è carnevale,
ma solo l'aspetto di un profilo normale
mentre parte un battello
per lidi lontani.
Venezia nascosta alle stelle
perché è lei che brilla sulla laguna...
storie inconsuete sotto la luna
e un violino che stride come un lamento
mentre un uomo guarda il mare seduto di fronte.
Rivede dentro i riflessi
la parte mancata del suo io dentro l'abisso
e vuole raggiungerlo
per fare la pace.
Ma qualcuno gli bussa alla spalla
e gli offre del vino,
spiccioli nel suo barattolo
mentre il cane muove la coda...
e la sua bocca ha il sapore di miele
mentre gli passo davanti.
Venezia confusa negli occhi di giovani preti,
le scarpe rosse scricchiolano sui marciapiedi
nel sensuale incontro un po' conturbante
di effusioni amorose 
e approcci un po' spinti nel fuoco di amanti.

Andrea Iaia

L'ultima scena

pittura espressiva sensuale di Gianni Bellini Italia


 Sono dentro la scena
di un finale un po' sorprendente
nella musica dalle sue cromature
altalenante.
E le luci di un viaggio crescente
fanno di me, una donna
che va ad un incontro galante
per sciogliersi dentro l'unico istante
in cui gli applausi
sono pioggia che bagna
il mio orizzonte.
L'ultimo acuto dell'ombra,
e poi il morire
nella lenta agonia di membra
che si consegnano al pubblico
per il pasto dei sorrisi negli occhi.

Andrea Iaia

Armonici incontri

Oltre il velo

sensuale fiore rosso-by rusik barusik

Oltre il velo di tenda
c'è il volo dei sensi
nel magico sfondo di mondo.
Un lui che non viene
e che resta nei sogni
nel replay di un giorno
come viaggio di un cigno
su alture e maree di donna.
C'è il miraggio di un'oasi
nel deserto del corpo,
dove lui beve a piccoli sorsi...
e la notte sensuale 
dilagante e appagante
dalle ombre sui muri
che mimano orgasmi
e sciolgono note di strana poesia.
Oltre il velo di tenda
c'è la spiaggia dove arenare
le onde sensuali
di voglia feconda
e sentirti ancora mio.

Andrea Iaia