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lunedì 30 settembre 2013

L'uomo degli orologi




Sembianze di certi ricordi
tornano a rivivere dentro la mente
e sembra che il tempo si sia fermato a ieri,
anziché di tanti anni...
fiammante distacco
di un via vai di treni che se ne vanno
portando anime oltre frontiera.
E anche se io non c'ero,
mi hanno detto che un uomo raccoglieva orologi
forse per annullare il suo tempo
e se ne andava alla stazione
per vedere partire vagoni di gente
a cercare lavoro altrove.
Erano albori degli anni cinquanta
e nella pioggia, nel vento e la nebbia
comparivano come fantasmi facchini
con le loro carriole di solitudini
a spartirsi bagagli di cartone legati con spago
di chi tornava e partiva
per un viaggio verso chissà dove.
Ognuno di loro aveva una storia:
un soldatino partiva e lasciava nel pianto 
la sua innamorata...
una donna raggiungeva il marito
nell'incertezza di ritrovarlo in qualche pezzo di mondo...
e un ladro fuggiva per evitare
il giudizio feroce della sua gente...
storie comuni, ma che dentro, 
un facchino tossiva assai malamente.
Sarebbe morto di stenti 
se l'uomo degli orologi non si frapponeva nel mezzo
e tutto si fermò in un istante...
e come se realizzasse 
i desideri più inconsci di ognuno,
l'attimo cambiò i destini dei viaggiatori
e ognuno trovò il vero e inconscio suo desiderio.
L'uomo di questo racconto era mio nonno
e mi ha lasciato quando aveva già settant'anni.
Diceva che quando stai per partire
o decidere per un qualcosa,
ferma un attimo il tempo
e quel tempo ti ridarà quello che hai perso
o hai lasciato in sospeso.

Andrea Iaia

domenica 29 settembre 2013

Ovunque tu voglia andare...



Romantica visione esser dentro una stazione
in cui nessuno poi ti aspetta
in quegli arrivi e partenze
su binari astratti della tua immaginazione...
romantica parentesi di un viaggio
che percorri nel bisogno di mollare tutto
e di andare dove nessuno vuol salire
sul diretto verso l'anima.
Nei vapori e nella nebbia,
preda della solitudine,
ognuno poi si chiede
chi è quell'uomo col cappello
fermo ad aspettare ad un binario vuoto...
e fantastica ad interpretare un certo moto
di un destino meno appariscente...
e sarà una donna che ritorna poi si chiede,
o qualche figlia nei pensieri assai paterni...
o forse uno che ha bisogno 
di stare in quel fascino di una stazione
per vedere dove va la vita
e magari al rallentatore
per fermarla in quei precisi fotogrammi
dove è celato un cerdo ardore.
Ma può essere il tuo io che aspetta 
il tuo stesso arrivo
da certe scelte un po' sbagliate
e il treno dell'inconscio
nel notturno di sfocate luci
ti spinge a stare ovunque ci sia una stazione
per contemplare attese nell'incontro
con la conoscenza
che arriva sempre da dove vuole.
Ovunque poi tu voglia andare,
il fascino del viaggio, metafora della vita
è solo un appuntamento
con quella parte ambile di te
che vuole essere compreso...
e l'uomo col cappello, forse è tuo fratello,
un amico o un fardello che aspetta
quel momento troppo bello
in cui ognuno rinuncia a parole spese
e si ritrova dentro un forte abbraccio.

Andrea Iaia

venerdì 27 settembre 2013

Nel vico di mezzo...



C'è aria di festa nel vico di mezzo!
Tra panni distesi e un sole sornione
che batte sì, dove vuole
e non solo sui muri
di fresca salsedine e brezza di mare,
ma anche sulla povera testa
di chi s'incanta di dolce presenza
di femmina senza pudore
affacciata al balcone.
E' Anna, una dolce signora
di bella presenza,
intima bellezza da mettere in un proprio sogno
e ahimè, femmina fatale 
che da confidenza anche al maligno, 
ma pronta a metterlo a posto
se delle frasi ne fa di proprie intenzioni
e gioca di sintesi e sott'intesi.
Se ti trovi a passare,
la vedi quasi danzare
con quella scopa, secchio e ramazza
e ti rapisce dentro al suo fascino
e in quel certo sorriso
che è come carezza se la saluti.
In un certo dialetto, un tale Sarino 
che si trovava a passare le ha detto...
"Annarè... tu mi scompigli l'ass'e'baston...
dientr'e'calzon.
Nun suogno di pezza e nemmeno omm'e'carton
e tu si na vision ca brucie ind'o'piett...
 e si 'bbona assaje, e te vurria ind'o'liett.".
Una grande risata sè fatta la donna
mentre scopava e non certo nel letto,
e pronta di spirito e con i segni di grande bellezza
ha ribattuto a quell'uomo con grande certezza...
"A Sarì, di ommene ce ne basta uno
e aggia faticà assaje per no stare a digiuno.
Sì me puomiette ca l'ass miesse su o banco
 nun cert s'affloscia comm ma ritt tua moglie
comare Concetta,
qualche pensiero potrei pure farlo 
ma solo se ti fischia a'ccome nu merlo.
Altrimenti a'vir sta mazza?
Se fai brutta figura, 
potrei ficcartelo dentro il tuo orlo.".
Che grande donna la bella Anna...
ogni parola che le esce di bocca
è come aria felice che t'investe e seduce.
Sensuale e burrosa...
bianca come la panna...
ti sconvolge in costume da bagno
ma anche vestita e dentro un certo bisogno
di vederla al balcone nel vico di mezzo.
C'è aria di festa ogni volta che la vedi affacciata,
ma devi stare attento alla testa
che puoi perderla nel restare abbagliato.

Andrea Iaia





Il cantico di un vecchio





























C'era un vecchio seduto al parco 
che con la sua nostalgia
mi raccontò di aver danzato 
in quelle feste del suo circondario 
che spezzavano il ripetersi del lavoro, 
e di aver strappato un bacio all'amata 
nascosto dentro ad un fienile.
E nei suoi occhi, la stessa luce di un improvviso lampo
come il sussultar dell'anima allo specchio
dentro un concentrato di emozioni...
alzò un cantico come in direzione al cielo...
adulazione per una richiesta appesa al filo.
C'eran donne da sposare 
che portavano il grembiule sul davanti
come un messaggio da interpretare...
donne che, private della lingua,
trovavan sempre quella via per esprimere 
il loro universo interiore. 
Ciò che non volevan o non potevan dire
lo esprimevano attraverso le gentili pieghe,
e dagli sguardi penetranti di giovani
che ne ammiravano delicate ciocche sopra gli occhi,
se lo giravano verso destra,
era un invito ad osare in un altro ambiente,
per non esser quella lastra
che si rompe incautamente ed esser male giudicata.
Poteva chiederne la mano
alla famiglia che lo esaminava attentamente...
e se fosse poi sposata, impudica e lasciva, 
serviva a coprire la vergogna, 
come una lezione che spezzava il sogno
di un'evasione al mondo contadino.
E nella stessa melodia, 
raccontò che dagli ulivi ultracentenari 
in armonia di forme e di colori,
c'era quella danza della sera
attorno al fuoco e nel buon vino,
fichi e noci nell'alchimia del pane,
quello cotto sulla legna e fatto a mano
da minute donne che ne raccoglievano 
come dentro un sacco.
Lo si portava il pranzo alla sposa
nei suoi sette giorni di goloso miele...
e Il grembiule sul davanti era come uno scrigno
che conteneva belle cose,
persino pasta e zucchero
attraverso una borsa chiamata nera
per sfamare all'occasione una famiglia intera.
E che quando il destino si accaniva
su una madre ed il suo infante
venuto appena al mondo, 
ecco che il grembiule era come un manto
che avvolgeva il bimbo sul suo ventre 
e seppellito come fosse ancora in grembo
in quell'unica giacenza di ciliegio.
C'eran donne con il pianto agli occhi
a macinare storie in quel convitto di un attesa...
racconti scritti dentro l'universo
come carta stesa
a quei giovani che non sanno
che grande libro della vita hanno
in un anziano che ti guarda dentro gli occhi e sogna.
Il cantico di quel vecchio
mi proiettò in quel soave specchio di un passato
per vedermi in un certo modo
cosa io potrei raccontare ai figli dei miei figli.
Ma passò quel lieve venticello
e mentre io ardevo ancora dal sapere...
quel vecchio reclinò la testa nel braciere della sera.

Andrea Iaia

mercoledì 25 settembre 2013

Le foglie rosse d'autunno



Siamo in quel che si dice viaggio dentro l'autunno,
foglie che migrano in delicati disegni
come fossero aeroplani
sul sentiero di nuova stagione
in cui l'odore del muschio e del castagno
si confonde con il primo fumo
di un camino domestico di un casolare.
Odi tu quel lamento?
Tu che sei sotto delicate coperte
non puoi sentir lo screpitio
di grondaie dove fronde
agitano le foglie per il fragile spavento.
Le loro foglie son destinate a morire
e a compiere quel dolce volo
dal soffio delicato del vento
che le trascina là dove vuole.
E dov'è il cantico poi si diffonde,
c'è sempre un viaggio e una leggenda
che si confonde alle domande.
Tornavan dai campi
i contadini stanchi per la raccolta di olive,
quando in un viottolo antistante
a un vigneto di buon primitivo
una fanciulla di circa tre anni
se ne stava accanto al corpo di madre
riversa per terra, uccisa da vili soldati
dopo aver fatto scempio del suo corpo grazioso
e assai martoriato.
Aveva un biglietto nel suo vestitino macchiato
e scritto col sangue delle sue mani...
“aiutate la mia bambina a crescere sana,
poiché è figlia,
di chi attingeva acqua alla fontana,
un dì, di fine dicembre.
Io devo fermarmi:
l'autunno sta per condurmi
dove un carro m'aspetta per portarmi al frantoio,
dove la linfa si separa dal corpo
per ritornare ad essere ombra.”
I tre contadini commossi e sdegnati piantarono un ceppo
e seppellirono quella giovane madre...
prendendo poi la fanciulla
inteneriti dal loro sorriso
mentre l'autunno faceva sentire
il suo odore deciso.
La chiamarono figlia dei campi
poiché tutti attinsero acqua quei dì di dicembre
e sembrava avesse i loro tratti
nel gioco di strani discorsi e somiglianze del posto.
Non odi tu gli odori di bosco e di fresche zolle
umide di quel dolce pianto
oltre la finestra e le fronde?
La, cera un campo spogliato d'autunno,
ora di foglie rosse come la vite sul suo sentiero...
e quel ceppo piantato
è diventato una quercia dai colori vivaci.
E prima che giunga il momento di perdere
anch'essa le foglie...
queste, si tingono di rosso, viola, giallo e cremisi
per ricordar quella giovane madre uccisa
dalla foga assai innaturale
di una stupida guerra
che rende l'uomo bestiale.
Ma tu, conserva gli odori,
i profumi di campo e di umide zolle
poiché oltre il fiore di questa stagione
l'inverno serve a coprire le ombre
e le sue allusioni.
Quella fanciulla può essere proprio tua nonna,
che in fondo, esse si somigliano tutte
e ne hanno di calde emozioni da raccontare.
L'autunno è un viaggio nella terra ferita
per spogliarla del suo vestito
e rivestirla di frutti più caldi...
e non è solo un tempo o una stagione,
ma una condizione al ritorno dell'essenziale,
a quell'ancestrale bisogno di essere umano
e anche speciale
per cancellare le delusioni.
E le foglie più rosse, sono il cuore che batte
per dire che oltre la morte c'è sempre un'altra vita.

Andrea Iaia

giovedì 19 settembre 2013

Un'altra vita a... Praga



Si destano i gotici busti 
nel triforio di San Vito,
e due zoppicanti soldati 
con le baionette inastate, al mattino,
mi conducono per il ponte 
verso la magica e vecchia parte della città,
 mentre in senso contrario, 
la notte, a lume di luna, 
con due manichini in finanziera e cilindro
accompagnano un condannato al supplizio.
E' la magica Praga
che affascina e seduce dentro al mistero,
complice la nebbia, 
il condottiero di anime
che non ha la chiave d'ingresso 
per la bianca montagna...
e la cerca nel dettaglio di un sogno
per svelarne gli enigmi.
Si desta il barocco che appare agitato
tra dorature annerite di statue sul ponte
e fissano il viaggiatore, che poi sono io,
come se fossi venuto da un pianeta lontano
che ne cerca il fascino per farne un'amante 
e rapirla sotto gli occhi della sua tristezza.
Passa un carretto trainato da un bianco cavallo
che conduce un ebreo al suo cimitero,
e il carrettiere ha vaghe sembianze
di qualcuno che forse conosco.
Ma intuisco che devo lasciarlo passare
e fisso le luci gialle delle finestre,
che somigliano a quelle di chiese, 
nei mosaici di lastre,
e so che dall'aria calda del fiato di bocca
che mi esce per il freddo pungente,
Praga nasconde il segreto
del plumbeo disegno attraente.
Quel carrettiere invece m'aspetta,
ed io sto pensando che in quel ponte
forse ho vissuto
e qualcuno mi ha anche scaldato
da un bagno di fiume.
Ma l'uomo, fa cenno di andare.
Praga può anche aspettare, mi dice...
ed io ti ho fatto vedere forse anche un po' troppo...
e muta è la scena dentro la nebbia...
forse, ho vissuto davvero un'altra vita.

Andrea Iaia

martedì 17 settembre 2013

Non è altro che un lampo



Anche tu sei collina
e non profferisci parola nel desco del mattino...
perché conosci la terra,
come la vita, la mia,
che si schiaccia contro i vetri
di questa finestra
e gli occhi, con le ali delle mie ciglia 
sono abbagliati dal calpestio silvestre
della pioggia di luce che scende sui fianchi
sino a raggiungere i polpacci bianchi e bagnati.
Un uomo è sceso dal tram
e si avvia verso una strada deciso,
per raggiungere un certo destino
a metà dal pianto e dal riso
in un muto silenzio...
e due donne si scambiano certi consensi
ad un incrocio di strada con le borse di spesa
e una sciarada che taglia come una spada
il giudizio sulle persone...
e in fondo, sono anch'essi bagnati
dalla rugiada del giorno,
che come sempre, fa ritorno su tutti
e qualcuno oggi non si è svegliato...
forse dorme o è rimasto impigliato
nella rete del gran pescatore,
che come sempre, apre dal cielo le nuvole
per catturare le anime.
Se non sei tra queste,
scosta le ombre e affidati a quello che è giusto,
perché la vita non è altro che un lampo
in un sereno giorno che ti sorprende.

Andrea Iaia

domenica 15 settembre 2013

Nei vicoli




FOTO GENTILMENTE CONCESSA DA ANDREA CESARIA

 Lì, dove il sole sembra quasi accarezzare
i muri bianchi e quelle strette vie
che conducono dove l'anima
apre le sue ali e prende il volo...
tra i balconi bassi e le fioriere
dove i panni gocciolano 
sulle pietre vive dei vicoli,
ed il bacio di ponente
scivola sugli artisti, ladri ed onesti
che brulicano nel silenzio
di un crepuscolo di ombre...
ragazzi si rincorrono
nel telaio di muffe, odori e suoni
e nell'eco di portoni che si chiudono
come quasi ad assistere allo scenario
di una vita cruda
che si diffonde come l'aria
che trasuda sulle loro storie nude.
Da una finestra...
un neonato piange tra le braccia della mamma
che lo culla al seno...
e una radio accesa ed un cantore improvvisato,
neo melodico di strada
fa sentire la sua voce, 
come fosse ad un concorso...
nella musica che imprime certa melodia
come carcerato chiuso in quella via,
intersecano percorsi
quasi mistici insieme a quei lamenti
di donne a lutto da una vita
con un rosario sempre tra le mani
e garofani tra santi e bomboniere
di bianca porcellana su altarini...
e portafortuna che sanno di profano.
L'ardore dei 'uaglioni rompe quel contrasto
ed è come il canto d'usignolo che innalza
un'anima che vuole andare via,
offesa e violentata da un degrado
di un mondo parallelo che non li vuole.
Si vive alla giornata
tra gli odori di cucina e di cantina
in quella terra gonfia degli ulivi
come fosse sempre incinta 
e che mette al mondo
mestieranti ed abusivi,
che riempiranno di speranza 
e di umori condivisi in quella via
nel sapore agrodolce di un poeta 
che prende tutto e ne fa poesia.
Innamorati si scambiano promesse in un portone...
e l'illusione di un garzone in quei numeri giocati al lotto
si sposa con quello di un anziano netturbino
che ha raccolto in un fazzoletto
spiccioli per terra da un distratto innamorato.
 Quei 'uaglioni si rincorrono
in quelle strette vie che conducono verso il mare
e torneranno pescatori
nel vociare delle storie
 per insegnare ai figli
che non solo in quell'isola si muore
e che ovunque, anche in strade chiuse,
c'è sempre uno spiraglio che porta verso il mare.

Andrea Iaia

sabato 14 settembre 2013

Altalene di silenzi



Succube e innamorate
su altalene di silenzi
donne che giustificano
 segni viola sotto gli occhi a una caduta...
una porta aperta,
o magari una scala con una corda corta
per difendere bugie non ancora confessate.
Sono assenti in quel volo
dove non si atterra in nessuno scalo,
e il cielo è una violenza in una stanza,
mentre a terra,
ci sono gli occhi compiaciuti di uno stronzo.
Madri che difendono i loro figli
hanno pagine strappate di un quaderno
e proprio il foglio in cui hanno scritto
qualcosa di più bello
c'è che quel figlio è ora un bullo
violentato dalla scusa inesorabile
che tanto, poi, nulla cambia.
E sono a piangere e a pregare quel buon Dio,
con i segni di percosse sopra il volto
quei ragazzi che non vogliono diventare adulti.
Succube e innamorate
su altalene di silenzi
anche quelle spose in fiore
che dal mare azzurro di emozioni
sono poi passate in quel nero di paura,
dove il gentil'uomo cavaliere
è diventato un carceriere
che li abusa quando vuole
nell'indole di un proprio desiderio
dove contano soltanto le sue regole.
E sono pronte ad azzannarti
se ci provi a denunciarlo...
acqua che trabocca dall'orlo di un bicchiere
quel certo figlio di... un altro cielo
che li fa piangere nel silenzio 
in cui chiedono un atto di clemenza
o una divina mano per ammansire il lupo
proprio quando lui 
picchia ancora in modo duro.
Altalene di dolore
dove quando sono proprio in alto
sembrano che vogliono aprire 
un buco dentro al cielo
per rivendicare a Dio 
quella mela del Vangelo.

Andrea Iaia


venerdì 13 settembre 2013

Mi immergo...



Guardo il mare... i gabbiani...
e spedisco i pensieri
a quella brezza leggera che si adagia
dove lo sguardo è immerso
nella distesa ondulata
di onde spumose,
e dove il taglio dell'orizzonte
vede la luce del sole imbevuto
nell'estasi di sera.
Porto a dormire i miei pensieri
in quel che si dice alla fine del mondo, 
dove alitano le preghiere
aspettando che accada qualcosa,
e dove fotogrammi di vita
in desideri mancati riposano in pace.
E mentre godo quei lievi sussurri...
accarezzata da un piacevole gioco di luce... 
odo voci di donne alle mie spalle, 
provenire dalle ombre di verdi foglie 
che vestono gli alberi...
e le vedo passare nella ridente risaia di sabbia
dove le orme non sono dei piedi,
ma di leggere piume che solcano l'aria
compiendo prove di volo.
Sono donne fuori dal tempo,
diverse d'età
e con in mano ceste colme di frutti
da mordere dicono,
per quei desideri, quelli nascosti
e che non hanno un biglietto
per nessun posto.
E passano oltre, invisibili nella coltre di sera,
quasi a sorridere di un'ostia
che assaggia il vino del mare
e si delizia di quel sapore
mentre scende ora il vapore
di un certo benessere.
Guardo il mare... la veste del cielo
di acceso tramonto,
e vorrei qualcuno accanto
a dipingermi la bocca di accesa passione,
mentre gli occhi sono bagnati 
di leggera acqua salata
in cui mi perdo nell'inconscio
di sabbia ora abbronzata,
e di aver chiesto quello che avevo.
Mi accorgo delle orme
che sono le mie divise dal tempo
in cui ero bambina...
fanciulla e poi donna che cerca il suo io
 in quel taglio ora cobalto
dove mi immergo negli occhi di Dio

 Andrea Iaia


mercoledì 11 settembre 2013

Mani che...



Mani che stringono altre mani...
due mondi che s'incontrano
e decidono di camminare insieme
anche se per un breve periodo...
hanno un linguaggio, seppur invisibile
che scuotono poi le coscienze.
Mani piccine che cercano
il seno di madre
e si poggiano ad esse 
come un dipinto della Vergine e suo figlio...
per farne un dono all'essere umano... 
e quelle che poi si fanno largo con i palmi
camminando a carponi...
superficie per potersi aggrappare,
alzarsi in piedi e fare i primi passi.
Sono piccole, fanno tesoro di microbi,
marmellata e nutella...
e si sporcano il viso
e poi ti mostrano un foglio
macchiato di scarabocchi
che ti fanno spalancar le pupille
di quelle che hanno saputo fare.
Mani che impugnano matite e quaderni
e che cominciano a scrivere
il romanzo della loro vita...
o che tirano vesti per capricci sbiaditi
dal tempo di un nuovo desiderio.
Mani intrecciate e salde
che comunicano e pregano...
mani che cercano  
un sostegno o un corpo d'abbracciare
perché hanno paura...
mani che tornano dopo un addio
e si danno un segno di pace.
Col tempo, le mani si perdono 
come se avessero altro da fare
per realizzare e costruire a volte dei sogni
che s'infrangono alla prima marea...
e riacquistano peso e saggezza
quando s'intrecciano ad altre
in una specie di amalgama di carne ed emozioni.
Mani piene di pieghe, quelle di anziani,
che hanno visto passare lune e tramonti
e ne hanno poi di racconti da regalare
e che vedi tremare e tirarti
perché non hanno voglia di arrendersi.
Mani che hanno quella dolcezza che sa di miele
anche se lo sguardo è assente e fissano il vuoto...
 e in fondo, due mani unite e strette,
una di giovane e l'altro di anziano
sono sempre le tue nelle fasi di vita.

Andrea Iaia

lunedì 9 settembre 2013

Disegni di vita





Chiudo gli occhi... 
e ti immagino in un altro tempo
con i tuoi troppo grandi
dove io mi perdo
e scivolo con te al mio fianco
in un paesaggio così veloce
di case e pietre bianche
dove i muri hanno il sole sulle imposte
come un bacio sulle labbra,
che vela una sottile malinconia,
quella di non essere con te
in quel tempo e in quella casa 
che poi sarebbe diventata mia.
Ti immagino seduta a filare lana
col gomitolo che si srotola dal cesto,
e tu composta a fare il punto a croce
e a sognare un posto
per filare con quell'uomo 
che sarebbe diventato poi mio padre.
E ad un futuro dentro il cuore,
un figlio e quel calore
di un inverno che non sa aspettare...
e sogno il mare,
tu che mi dici di bagnarmi solo i piedi...
ed a asciugarmi gli occhi
per un pianto fuori luogo.
Magnifica presenza che oggi mi accompagna
come ai primi tempi della scuola
col grembiule bianco e cucito a mano
e con quel groppo in gola
di non volerti mai lasciare.
Disegni della vita,
fotogrammi che non voglio addormentare
dove immagino quanta poesia tu mi hai dato
ancora prima di venire al mondo.
Chiudo gli occhi...
e affondo dentro i tuoi ottant'anni
a rivivere la luce del tuo tempo
in quel sorriso, sempre lo stesso
e che ho intravisto 
al mio primo compleanno.

Andrea Iaia

venerdì 6 settembre 2013

Segreti di una donna



Presenze indelicate
soffiano sul mio corpo
nelle evanescenze di una voglia
che deturpa il fiume della sera
così fragile, così vergine
in quel bisogno rompere il velluto nero
del'ipocrisia
e di andare oltre.
Retaggio di una vita castigata
nel buon nome delle apparenze,
antica discussione
tra morale e decadenza
di una donna combattuta nel buon nome...
e sono qui, ad illudermi
che ci sia una penna
che riscriva su quaderno la mia vita.
A volte volo 
e m'invento uno sconosciuto
che compare a me davanti
e m'induce a violare i sentimenti
per le sue soddisfazioni personali...
e poi scopro
che non è poi lontano
e che il mio uomo
ha il germoglio dello stesso infame.
Però, nella follia di una strana voglia
compare l'alchimia della seduzione
mescolata sulla soglia 
di quel desiderio di andare oltre...
ed avviene la metamorfosi
di cambiargli il volto
e di essere con lui poi perversa.
Sono evanescenze che soffiano alla mente
situazioni da confessare poi in un letto
con il perfetto sconosciuto
che ti prenda, ti violenta e ti fa di tutto
nel buon nome di appagare il desiderio.
Sono segreti di una donna
che nella forma, appare moglie e mamma,
ma che è pronta a violare certe norme
se vuol sognare solamente...
e in fondo, vuol sentirsi amante
di uno che la eccita 
e poi, la fa sentire così importante.

Andrea Iaia