T'incantavi in quei tempi
che son stati importanti...
pomeriggi vissuti al fruscio di punta su disco
che ti apriva una nebbia
in cui dentro c'era una scala di rose
in cui scendevi a graffiare la vita
e risalivi con la faccia pulita
in quel bisogno di vedere
una fanciulla che cantava allo specchio.
E il ritornello era un meriggio fiammante,
una strofa lucente da bisbigliare a qualcuno,
magari con un sorriso dipinto
negli anni più verdi...
e chissà se c'era, anche distante
il pensiero di un figlio...
nel disco che mentre girava
e tu, sbattevi le ciglia
al venticello leggero d'estate
che ti proponeva proposte indecenti
e fughe verso il peccato.
Riconosci te stessa
distesa tra le spighe di grano
aperta come un germoglio
e le gote più rosse sul volto di calda fanciulla
che stava per gioco sotto un uomo più grande
a spegnere un fuoco.
E mentre gira da un vecchio grammofono
lo stesso disco che ha solcato il tempo,
ti riporta al giorno dopo in cui gli hai detto:
Io non ci riesco a dirti che t'amo.
E l'hai lasciato tornare al richiamo
di un'altra cicala che canta
tenendoti il frutto del seme
in quella danza in cui ora rivedi
te stessa e lui in quel ipotetico figlio.
Andrea Iaia