Osservo il passaggio d'aironi
nell'azzurro confine dove non piovono illusioni...
e mi accorgo che il vento è cambiato
tra il nulla che scende e l'emozione che sale
per fondersi nel vociare e risate
di infanti che stringono in mano
fili che tendono assortiti aquiloni.
E il vetro è l'unica porta tra l'essere e il disfare
per la mano di un volto qualunque...
come toccare le onde del mare,
e premono forte,
per oltrepassare la notte e raccontarmi l'oltre.
Quell'uomo... dice che fuori adesso c'è vita,
la stessa mia immersa in tulipani fioriti
nel futuro che ha oltrepassato
lasciando dietro dolori e ferite.
Ma fissa il vuoto come se stesse in una scatola chiusa
dentro un tempo remoto...
ed ha in tasca due soldi e stropicciate sbiadite foto
che conservano un lampo di vita certamente migliore.
Hai sciolto i capelli mi dice pur restando di spalle,
con l'aria serena che sembra quella di un felice fratello.
Ma il profumo che indossi
è come una forbice che taglia i capelli sugli occhi
ora grandi e più rossi
per un immutato pianto dentro l'abisso...
Sei dentro il film della tua vita pur non essendo un'attrice
e non riesci a vedere ora il mare che si è fatto più mosso.
Vorrei dirgli che fuori piove da ieri,
e che gli aironi hanno smesso di passare
da quando l'uomo ha sepolto il mare...
e che l'infante si è perso dentro una terra
che troppo assomiglia a un gran cimitero.
Ma a che serve interrompere un sogno...
forse, cieca son io che ho dentro un peso come un macigno...
ed è per questo che il suo raccontare
mi trascina nel lieve percorso del suo immaginare.
Lui è dentro ad un tempo migliore
forse rinchiuso nella tela di un grande pittore...
ed io forse sono fuori,
che busso alla porta
chiedendo di farmi entrare.
Andrea Iaia
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