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mercoledì 17 ottobre 2012

Era autunno anche quella volta



Era autunno anche quella volta, e come ora, la brezza di ponente spirava sulla terra selvaggia che s'era vestita di giallo, di foglie morte distaccate dal vento, che prima di posarsi al suolo, avevano eseguito la loro danza ondulante e piangente, lasciando i sussurri al vento. 
Io ero lì, tra gli alberi spogli a contemplare odori di bosco... di resine del pianto d'alberi, e di muffe... di funghi porosi che non osavo toccare per non interrompere l'incantesimo del passaggio invisibile dell'inizio stagione che precede l'inverno. E anche adesso, il mio animo è lo stesso, e il fiume a ridosso della striscia che separa il bosco dalla valle cui mi addentro ogni volta che ho bisogno di riflessione, da l'immagine di me bambino coi calzoni corti nell'acqua ondulante, coi capelli spettinati dal soffio del vento, quasi a rappresentare un tempo vissuto. Il dolce tepore di chi si rannicchia dentro i ricordi accende sempre qualcosa che magari non s'è visto o che si è lasciato passare: l'autunno è anche questo, un dolce ritmo di colori fatto di sensazioni e di odori e sapori, come se fossero preparativi per il letargo d'inverno che deve avvenire. 
Mio padre, stava tagliando la legna con la forza delle sue braccia, fendendo colpi d'accetta e diceva che era la scorta per l'inverno, e sua madre, una piccola donna minuta, meno di un metro e sessanta, sempre a lutto con i capelli raccolti da piccoli ferri di lana, raccoglieva i monconi per depositarli nel suo inseparabile grembiule al ventre per poi stiparli in un alloggio ricavato nel muro accanto al camino per tenerli asciutti. Mia madre invece, cucinava i fagioli in quella pentola legata dai manici e sospesa con una corda ad un anello, su quella cucina ricavata nel muro con sotto i tozzi di legno per tenere alta la fiamma. E come ora, ne sento gli odori di una infanzia passata in quella casa, conoscendo persino i segreti della natura che confidavo a Marinella, la bambina del vicino confinante e che ora vedo nel fiume col suo delicato velo di sorriso che un tempo mi regalava con i primi rossori. Avevamo circa 15 anni ed eravamo molto legati, tanto che, frequentavamo la stessa scuola in classi diverse, e all'uscita, facevamo la strada assieme per tornare a casa. E sia ch'era bel tempo che di pioggia, quei tre chilometri che ci separavano da casa era un viatico dove ci raccontavamo tutto. 
I nostri genitori non si potevano permettere l'autobus scolastico, e quella mezz'ora e più era la nostra intimità che divideva il sogno dalla realtà, come se il futuro iniziava in quel momento. Ero anche un po' innamorato di lei, e credo, lo fosse anche lei di me, ma avevamo paura di dircelo, temevamo si potesse rompere quell'incantesimo fatto di delicati momenti dove a prevalere erano i sorrisi celati a testa bassa. Il fuoco dell'emozione si faceva sentire ogni volta che avevamo un contatto, e ricordo, quando legammo le nostre mani un giorno, così, spontaneamente che mi fecero sentire felice, di quella felicità interiore che escludeva gli interessi materiali e si concentrava solo nel cuore. Io la amo mi dissi: ma ho paura a dirglielo, potrebbe offendersi!
Ecco, nel fiume vedo quei due ragazzi accarezzati dalla stessa brezza e che si guardano negli occhi: cosa c'era poi dentro i nostri occhi, forse la voglia di essere grandi? La paura di cambiare e di non rivedersi? Forse sì. E i timori si realizzarono quando all'improvviso, mio padre a tavola, consumando una cena, una sera, disse a mia madre: sai che i vicini si trasferiscono a Torino? Mi prese un colpo!
Ma ciò che mi uccise fu che lei e sua madre erano partiti immediatamente.
Come a Torino...!!! Così, senza passare per un saluto...
E mio padre apprese il mio malumore e mi carezzò il capo. Poi continuò a dire che lui, il padre, era stato assunto alla Fiat. Glielo aveva detto al bar, e che Marinella e suo madre era partiti immediatamente poiché la madre di lei stava male. Lui invece, li avrebbe raggiunti non appena il compratore della sua casa avrebbe definito i dettagli della vendita.
Non ci potevo credere! Così... tutto in fretta! Eppure, non mi aveva detto niente lungo il percorso del ritorno a casa. Che non lo sapesse neppure lei di partire? Stetti male, e il boccone fu indigesto. Nella mia camera piansi molto, il mio sogno si era infranto!
Dato che lei sapeva l'indirizzo di casa, mi aspettavo una lettera di motivazioni, e invece niente: passò un anno e la rassegnazione si mescolò all'odio. 
Decisi di dare un calcio al passato, ma lei, ha continuato a visitarmi nel mio inconscio.
Perché sono qui ora, che ho trascorso mezzo secolo di gioie e di dolori, ben avendo famiglia sulle spalle e un buon lavoro: forse, per celebrare l'autunno, quella magia fatta di sguardi e di carezze e sott'intesi, visto che mi stai guardando dalla parte del fiume? 
So bene che non avevi colpa, ma se vuoi sapere la mia impressione... ci sono rimasto male, sì... proprio male! Speravo di poterti dire un giorno che ti avrei chiesto di essere la mia ragazza, e poi, col tempo, anche la mia donna. Forse, con te, sarebbe stato ancora più bella questa vita. Le più belle e intense emozioni me le hai date tu. 
Perché sono qui Marinella...
E' stato difficile passare gli autunni senza di te, lo ammetto! Ho condiviso il dolore degli alberi spogli e ho pianto le loro nudità. Mi sentivo nudo anch'io, come se dovessi morire con loro. Ho chiesto se ti avevano vista partire... volevo almeno che mi raccontassero com'eri vestita e se avevi il volto sorridente o no. E mi aspettavo una risposta, che se mi avessero detto che ti avevano vista sorridente ti avrei dimenticata. Ed invece no: hanno preferito tenere il segreto ed io non ti ho mai dimenticata, come l'odore nauseabondo che d'un tratto il vento mi ha fatto percepire nel sottobosco che non era d'erba e funghi o di poltiglia di fiume. Si sà che l'acqua trascina sempre residui o scarichi che provengono da altrove, ma  quell'odore di cenere, più di animale bruciato, lo sentivo persino di notte nelle nari, ed era forte, specie nei giorni di tramontana.
Ma voi lo sentite quest'odore? Chiesi un giorno a tavola ai miei...
Saranno le castagne sul fuoco fu la risposta di nonna mentre s'imboccava la minestra col cucchiaio. E mio padre... qualcuno sta cucinando della carne alla brace.
Tu lo sapevi vero Marinella?
Me lo hai tenuto nascosto come un segreto tutto tuo! Eppure, ci siamo detti tutto, persino le confidenze più intime. Ricordo, quando mi confidasti che eri diventata adulta con le prime mestruazioni. Me lo dicesti a testa bassa ma orgogliosa di tenermi con te a condividere il tuo stato. Quella sera, ruppi il salvadanaio e raccolsi quel che avevo e andai ai magazzini "Standa" a comprarti un kit di trucchi, rossetto e una specie di pinza per allungare le ciglia, tutto alloggiato in un pacco regalo che tenni nascosto dodici giorni e che ti diedi una domenica, mentre i miei erano a messa e ti portai in casa, ad ascoltare un disco degli Aphrodites Childs. Ballammo... e quel contatto, accese la magia del desiderio di baciarci. 
Non avevo mai baciato nessuna Marinella! Tu fosti la prima, e le tue labbra, furono come more succose da raccogliere e assaporare in quel tempo maturo del nostro avvenire. Quella domenica, diventai adulto pure io, e che scemi... i nostri, furono solo baci caldi di passione, che ci diedero quella paura di chissà cosa avevamo fatto. E quella paura si accentuava di notte, quando il dubbio mi divorava che al solo contatto di labbra, potevo averti messa incinta. Anche tu ne avevi, ricordi? 
Sai, non posso immaginarti adulta e invecchiata come me, il ricordo che ho di te è come sei adesso, nel riflesso dell'acqua, immutata e conservata nel tempo. Era autunno anche quella volta, quando seduti nell'erba di questo fiume hai desiderato di essere donna, e quel profumo di te, rimase indelebile sulla mia pelle, tanto che a casa non volli lavarmi per paura di far andare via il tuo odore. Ed invece, questo, nauseabondo, mi soffoca tanto che riesco a malapena a respirare. Dev'esserci qualche fabbrica di veleni da qualche parte mi chiedevo. E domandai persino agli stessi alberi cosa fosse, e questi, abbassarono la testa in quel silenzio spettrale. Non volevano farmi del male, quel male come una pugnalata che ti fende la carne sino a morire. Era autunno anche quando me ne andai a proseguire gli studi altrove, autunno quando mi sposai e quando decisi di tornare a rivedere il mio passato. Ed è stato allora che ho ricevuto quella coltellata nella carne, trent'anni dopo. Fu Lalla, il cane del vicino che scodinzolava intorno a noi, mentre eravamo ricurvi a raccogliere castagne, nei ricci compresi, caduti a terra a darmelo e a svelare il segreto del bosco. 
Abbaiò di colpo e si mise a scavare in un punto, e... avrà trovato un tartufo disse scherzando il suo padrone con la bocca distorta da un accenno di sorriso. Ora mi farà ricco, disse! 
Già... e mica è un cane da tartufi gli risposi, accennando anch'io ad un sorriso che si deformò, non appena scavò più a fondo e ripresi a sentire quell'odore nauseabondo e inconfondibile cresciuto con me.
Dio mio... cos'è... lo sentii pronunciare!
E mi avvicinai, tenendo la mano sul naso e temendo quel che sospettavo ma che non osavo pronunciare: Marinella non era mai andata via da quel posto.
Riconobbi la sua gonna grigia e il suo maglione dello stesso colore. I suoi calzettoni e persino i capelli che erano come li ricordavo. 
Due giorni dopo, tutto tornò al suo posto, come tasselli di un puzzle che dovevano ricomporre qualcosa che mancava. Era stata uccisa da suo padre, nel frattempo morto, dopo aver abusato della sua innocenza. E sua madre aveva celato tutto per paura di rimanere sola. Ecco il motivo del loro trasferimento rapido nel nord Italia.
Caddi in ginocchio ferito mortalmente... e piansi talmente tanto, che il mio amico non osò fermarmi e tenne solo la sua mano sulla mia spalla.
Ecco perché sono quì oggi: a rinnovare il mio amore per te, lo stesso che conservo da quel giorno in cui noi due siamo diventati adulti insieme.
Tu sapevi tutto e hai voluto farmi crescere lontano questo orribile delitto che ha spezzato i nostri sogni. Ma l'odore di morte non ha mentito, e sai quante volte l'ho pensato?
Sai quante volte l'ho detto ai miei e sono stato liquidato con... sogni troppo figlio mio... smetti di vedere film di sangue...!!!
Ti vedo sai? Mi sorridi nelle acque grigie e smosse tenendomi per mano.
E' la stessa scena cui mi ha accompagnato in tutti questi anni, ma devo confidarti anch'io un segreto amore mio: nella realtà, ho avuto una vita parallela con te, come se fossi la mia amante dove ti parlavo... e immaginavo una vita con te con dei figli nostri.
Anche dal mio cuore non sei mai andata via... e mi chiedo ora che succederà... se mi verrai ancora a trovare, ora che so di te, dove sei realmente.
Ti vedo andare via con l'altro me stesso ragazzo, forse a crescere insieme e ad avere quella vita che non avete mai avuto. E ai vostri passi, le foglie, gialle e rosse come il sangue che hai versato, vengono smosse per svolazzare lieve nella magia d'autunno ad esalare il sussurro d'amore prima di cadere nuovamente a terra. 

Andrea Iaia

sabato 6 ottobre 2012

Lascia che...


Lascia che le mie dita
scivolano nell'insaziabile percorso
del tuo volto,
come a ritrovar la strada
in cui ci siamo persi dentro 
il grande salto.
Lascia che accarezzino
ciocche disinvolte
e le scostano dagli occhi,
come a ritrovar sussulti
di sembianze già vissute...
perchè il senso della vita
è somigliarci in questo grande vuoto
dove il corpo è la poesia
in cui l'essere feconda la follia.  
Lascia che la bocca
trovi il suo ristoro nella tua,
nell'insaziabile gioco delle labbra
che chiedono soltanto
il fremere di membra
nell'appassionata voglia di dividersi
nelle ombre...
perchè la chiara luce
è sempre sulla pelle
che chiede acqua
in delicate zolle
dove l'essere bagna le pupille.
E' la magica poesia della luna
che sussurra al manto della notte
frasi adesso più perfette.

Andrea Iaia