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giovedì 28 novembre 2013

Ti respiro



Ti respiro come pelle che trattiene le urla
ad ogni bacio sul collo
nel segno di bocca che cerca il peccato
nella via del cuore
bagnato di calda saliva...
desiderio che lascia l'umore salire
nella voglia d'amarti
oltre le calde lenzuola.
Ti respiro come cielo infinito
in cui l'azzurro è l'anima nuda
che brilla alle spezie degli occhi...
velo d'aria nel suo dolce passaggio
mentre assaggio il miele della tua lingua
nella morbosa giostra
dei sensi rapiti...
e so che sei l'universo
dove attingo i colori dei miei umori...
tu che racchiudi nel fiato
un misero grido di un dolce riflesso...
dove sorseggio quel vino sul vapore del brivido
che si alza come sole sbocciato
sulla debole carne
e trasuda sottili voglie
abbracciando l'estasi
di avermi non solo per un debole giorno
ma per sempre.
Perché ti respiro non solo come donna
ma anche come alba che nasce
sul promontorio di carne
che scardina luce e beve le ombre...
ti respiro come fiore che sboccia
e che emana profumo inebriante
verso tratti sfumati
di una certa inquietudine
del vederti morire nel mio piacere.

Andrea Iaia


martedì 26 novembre 2013

Canto alla luna



Accompagnami luna
a perquisire il mantello turchino
per scovare quei doni nascosti
di un mattino geloso
che nasconde persino il pianto
davanti all'umano vestito da santo,
ma che dentro ha i suoi misfatti
che sono come i suoi sogni che non hanno mai fine
e competono con le stelle dell'infinito
per cadere dentro l'abisso
perché non hanno
il vestito di un mito
e c'è bisogno del grande sarto.
Tu sei tra i mandorli di questo parco
e tra i fiordi del granoturco
che disegnano valli spettinati dal vento
e salutano il cielo 
qualunque colore abbia
e carezzi persino le onde del mare
e la sabbia.
Sei chiara e nuda con la pallida luce
su finestre socchiuse, letti disfatti
di cuori inquieti che baciano amanti
con l'ardore che brucia...
e sui solchi improvvisi
di gatti randagi
che amoreggiano giusto sui tetti
e su chi aspetta che accada qualcosa.
Accompagnami luna
a veder la mia giovinezza
per bagnarla d'incanto con quelle follie
dove i poeti attingono frasi
per farne poesie
e fanno sentire la brezza
di una notte che canta
la ninna nanna ai suoi figli.
Voglio vivere il disincanto
di un certo splendore
in cui persino un ladro si ferma a contemplare
il tuo volto splendente
in un figlio che nasce
o in un qualcosa che muore
e accetta comunque che il carro vada poi avanti.
Come stella cadente, passi una mano
sui capelli di chiunque
per dargli l'affetto che manca
o su chi ha bisogno di un poco fermarsi
perché stanco...
e allora mostrami o luna l'altra tua faccia
per capire dove inizia il sorriso
e finisce un cuore che tace
per ascoltar del divino la voce
che aquieta i dolori su una pelle 
che lenta col tempo
 s'imbianca come la neve.

Andrea Iaia

domenica 24 novembre 2013

Lei leggeva i libri al contrario



Lei leggeva i libri al contrario
perché sapeva come andavano a finire le storie,
e teneva il libro così capovolto
come un guscio in cui le parole
si combinassero tra loro
per formare immagini
da raccontare alle bambole.
E leggeva quello che su fogli
non c'era scritto,
perché all'asilo le avevano detto
che le storie nascono dal profondo del cuore
e vanno viste immergendo
dentro la mano, come nel mare
a prendere conchiglie da regalare.
Celeste il suo nome,
come il cielo bucato da un raggio di sole
in cui la terra si esalta con i profumi
e chiama i suoi frutti per essere colti
da un certo sorriso...
il fantabosco e la natura
si stupiva nel vederla in vestaglia
e bigodini rosa
ad imitare la mamma
con quell'aria boriosa
e ballerina su un pentagramma
di emozioni di un biondo di grano...
ad inventarsi cuccioli, rane,
fate e invasioni di certe farfalle
per colorare un mondo inespresso
che i grandi non hanno.
E lei sapeva perché
l'avevano perso e diceva...
i grandi, leggono sempre nel modo giusto
e non si accorgono
che il bello è nascosto
dentro l'inverso.


Andrea Iaia

venerdì 22 novembre 2013

E lasciavamo...



E lasciavamo che gli altri ci guardassero,
noi, che non avevamo paura del freddo
e che sfidavamo le intemperie
pur di avere le bocche incollate.
Un mondo interiore dove la lingua
ci dava il calore di resistere
a quei fiocchi di neve che ci cadevano addosso...
noi, che stavamo confusi e isolati da tutti
come se fossimo dentro un film
in bianco e nero.
E son passati trent'anni
e siam cambiati anche dentro.
La vita a volte, ci chiede il conto
e certe scene non hanno il risveglio
di essere dentro ad un letto e vederti accanto.
Noi avevamo la chiave per aprire la porta 
al nostro destino,
che invece è stato beffardo,
e ci è passato vicino senza neanche toccarci
e ci ha lasciati nei sogni,
quelli che passano e non restano
per andare altrove
ed essere dentro il riflesso mentale
per conservarne il ricordo.
Lasciavamo che i piedi si congelassero
nella follia di sfidare l'anima
ad entrare nel corpo dell'altro...
nell'unire i respiri e rifiatare 
solo per girare la lingua dall'altra parte
e prosciugarla di umori 
per dissetarci e avere quel calore corporeo
dove il fiato evaporava
ed animava la vita dentro.
Ma nel finale non c'era un amore a lieto fine,
almeno per noi, chiusi in quel lieto confine,
dove arriva un altro e poi ti ruba quel sogno.
E quell'altro, non era un uomo e nemmeno un sogno
ma un male dentro arrivato in silenzio
come un fiocco di neve,
che non ha avuto vergogna 
di coglierti come un fiore reciso
e piantarti altrove, dove forse m'aspetti
alla fine del viaggio.

Andrea Iaia

mercoledì 20 novembre 2013

Io ti rivedo...



Io ti rivedo o madre del mio tempo
nell'ombra che s'impadronisce
dell'essenza, appena la sera
fa ingresso dentro la stanza
e accendo la luce e apro
una scatola di foto ormai sbiadite
dove c'è la vita, vissuta e anche andata
di te, cui mai la deriva ti ha piegata.
Ti rivedo, tocco e sfioro
quello scritto come un diario
che sfoglio con mano assai tremante
e tocco le tue dita sciupate,
il tuo volto segnato dalle fatiche...
il braciere ai tuoi piedi
e il gomitolo di lana nel cesto
per quel maglione di due taglie
assai più largo,
da dare a me, il più grande dei tuoi figli,
che ero quello che doveva poi studiare
e partire per un posto
in cui non sapevi nemmeno dove stava.
Questo sfogliare è come entrare
in un sentiero di mille luci,
dove sembra sia una porta che mi conduce
su battiti di ciglia
per seguire quei profumi del buon vento
ed essere nel lieto momento di un sogno
in cui tocco con le dita
quel dono di giorni già vissuti
ed evaporati come il tempo dell'estate
che lascia la spiaggia solitaria e desolata
alla risacca del mare che si ritira
per essere un ricordo.
Ti rivedo nei frammenti del mio pensiero,
in quelle briciole di ore
in cui impastavi farina con le mani
e sfornare del buon pane, di quello mai venduto
dentro le botteghe...
e alle prime luci dell'alba,
già in piedi a fare i mestieri di cucina
negli odori di caffè latte,
dolci e di biscotti.
Mi osservo allo specchio
e mi accorgo che anch'io invecchio
e passo nel processo della vita
scrivendo poesie, come se fossero foglie
che cadono in un autunno che passa e scosta fronde,
nel canto di un usignolo
che sembra forse un poco stanco.
Sto sfogliando le foto dei miei ricordi
e mi chiedo se anch'io lascerò quel passaggio
nel dolce amaro di luci ed ombre
di un esistenza assai diversa...
e se ora ti rivedo, rivedo anche me stesso
in quei lampi di cielo innamorato di armonia
per riempirmi di luce
e rivivere il passato senza nostalgia,
e di passarla a chi vorrà raccontarmi.
Sarò anch'io in questa scatola dei ricordi
che apriranno e chiuderanno lentamente.

Andrea Iaia



martedì 19 novembre 2013

Le bambole...




Le bambole non piangono con l'anima
ma hanno lacrime costruite
per stupire e meravigliare...
e catturare quei sorrisi
nel tepore in cui una bambina 
non può vedere il sole.
E non parlano al tuo cuore,
come non raccontano arcobaleni
che hanno visto...
o aquiloni nelle valli
spettinati dal vento e sale
in quel contrasto dell'infanzia
nel meridiano di una carezza.
Ma hanno occhi che se potessero parlare
direbbero quanto sale
si consuma in quel passaggio,
figlia del coraggio 
e di un certo modo di sopravvivere alle violenze.
Ti direbbero che c'è una certa compiacenza
dei genitori che vogliono
che si distingua dentro il branco...
che quando poi concedono di tutto,
quel tutto non basta a riempire
il vuoto dentro.
Ed anche loro in qualche modo
vivono quel silenzio fatto di ricatti...
"Ti butto in una stanza buia del soffitto...
o ti spezzo in mille pezzi."...
bambole, cui viene tolta l'anima
per bere quel respiro
di un orco che può essere un vicino
o chiunque abita dentro casa 
e vuol salire quel gradino
della perversione.
Le bambole non soffrono interiormente.
Imparano ad essere come i grandi
e ti guardano passive accontentandosi
di poco e niente.
Ti offrono un seno nudo e sodo
per seguire l'illusione dell'avere tutto...
una nuova certa moda
in cui i grandi poi non sanno
che i bambini diventano più grandi
quando una menzogna poi l'inchioda.
Eppure, hanno bisogno di carezze,
di essere a loro volta, 
pettinate e vestite di certezze
che per diventare adulti
non c'è bisogno di vendere il proprio corpo,
ma di far tornare l'anima a vivere
nella quiete dell'infanzia,
quella che si dissocia dalla moda e sua sporcizia...
sentimenti veri cuciti in un vestito d'innocenza.

Andrea Iaia

sabato 16 novembre 2013

Ti aspetterò...



Ti rincontrerò quando tutto sarà finito
per averti in un'altra vita
dove il treno del mio inconscio desiderio
ha una fermata sola.
Allora scenderemo 
e marceremo in un'altra guerra
quella della pace sotto il cielo azzurro
per cantare storie ai nostri figli
che di morire non si deve aver paura
quando si ama troppo forte un'avventura
dove tu sei l'assoluto protagonista
di un disegno in cui l'artista
ti ha voluto dentro.
Ma tu, non morire
sotto i colpi di un fucile,
meglio un suono di chitarra
dove la passione suona meglio,
più di questo bacio,
cui avrai un buon ricordo,
che l'abbaglio di un bersaglio.
Ti avrò se ne avrai voglia
per dividere un cielo nelle nuvole,
sogno di una donna
che s'arrende solo
 a quel nemico che si chiama amore.
E quando sarai al fronte,
colpevole di essere un soldato
pensa a questo istante
e a come ti ho amato
per vivere il desiderio di tornare amante
di questa donna che t'aspetterà
sino all'ultimo battito di ciglia
di questo viaggio dentro il suo tormento.

Andrea Iaia


venerdì 15 novembre 2013

Inconsapevoli e affascinati di noi stessi



Fu al crepuscolo di un giorno  
che mi sei caduta addosso, 
come la pioggia che germoglia attimi troppo umidi 
per essere lasciati o dimenticati,
oppure aspetta nuova vita dalla terra
che nasce nonostante tutto
il vagare in quelle indifferenze
dove gli occhi sono altrove per confondersi
dentro il grande assente di se stessi. 
Quasi non mi ero accorto delle mie carni addomesticate 
dai tuoi capelli mossi da un istinto
di essere bagnati come l'erba, 
e che le mie labbra 
erano il giaciglio imperfetto, 
dove venivi a consumarti nella voglia di bruciare. 
Mi sei venuta addosso in quella pioggia
forse per la fretta di essere in quel viaggio
dove non t'aspettavi che il destino muta
quei disegni ambiziosi,
in cui uno ci mette del bel tempo per prepararli e costruirli,
per poi vederli nelle pieghe di un altro foglio
e andare in altre strade.
E il tuo profumo fu balsamo per le mie ferite.
Aria fresca e nuova, specie a respirarla
in quel frammezzo del proibito
mentre cercavi di ricomporti e di scusarti
per la camicetta aperta
dentro il breve tratto di un luogo perquisito dalla mente
in cui ci trovammo fuori luogo
e inconsapevoli affascinati di noi stessi.
E siam caduti un'altra volta,
ma questa volta dentro un letto
dove ho difeso la mia anima con l’orgoglio degli artigli 
ma tu avevi mani che non pungevano 
e hai nascosto sottopelle il brivido del buio 
che scrivo ogni giorno,
e tutto questo, solo per coltivare un sogno.
E compari quando poi ti pare
perché hai un'altra vita con uomo che ti vive
ed io sono quella porta aperta che accetta le tue fughe,
la libertà di un volo in altre righe
dove ogni volta,  
rimango in socchiuse labbra per bere 
te che mi piovi addosso
 solo per voglia di fare sesso.
Penso che abbiamo vento e fuoco come vestito 
che indossiamo a inchiostro vivo, 
in quelle folli attese, come morsi di piacere sulla pelle 
dove spazi un po' salati di gentile spezie,
hanno l'odore di quel mare che si adagia sulla spiaggia
per tornare tra le onde di un oceano
e scomparire in esso, naufragati.
 E quando inaspettatamente arrivi, 
nel sottovoce di un sussurro
 si consuma il pasto degli amanti
in cui i segni di rossetto sono ovunque
come i morsi sulla carne son calmanti
di un desiderio acceso
in cui ognuno è perso in quelle acque.

Andrea Iaia

giovedì 14 novembre 2013

Succede...



Succede che apri il mattino
come una scatola chiusa
in cui dentro non sai cosa ci trovi,
e ti guardi allo specchio,
come per vedere se fuori piove
e capire quale maschera oggi indossare
sul mistero di una certa paura.
Succede che apri l'armadio
per scegliere un vestito,
mentre hai voglia di restare nuda
e mostrare uno dei sorrisi migliori
a te stessa, in certa pelle che senti di plastica,
e vorresti mani sul corpo
e braccia distese ed aperte
in una voglia forse un po' sciocca
a stringerti in maniera più cinica
che ti ributtano ancora sul letto.
E pensi che era buio quando sei ritornata
una notte più silenziosa
con quel sorriso che avevi lasciato
a dormire da un'altra parte
nel ritratto forse, di una donna viziosa.
Succede di avere quel vento poi sulla pelle
e di vedere valige così ricomposte
e piene di quei desideri assurdi e senza vergogna
mentre guardi matite spuntate di trucco
per concepire un'altra fuga
verso quel mondo bastardo che non ti comprende...
e succede che li lasci dentro la mente,
mentre hai voglia di stare
su quell'uomo di un immaginario vissuto
che ti osserva alle spalle
e ti adula come un dèmone
che vuole berti come un vino dolce e passito
e ti prospetta che aprire le gambe
è sempre la cosa migliore
per ambire a un futuro di un certo equilibrio.
E pensi che era buio quando ti ha detto...
tanto, nessuno lo verrà mai a sapere
e il tuo compagno avrà accanto una donna felice
senza immaginare che quelle cicatrici
graffiano forte dentro la carne.
Succede che ci pensi e sei tentata di farlo,
ma guardi il letto disfatto
come un foglio che nessuno mai legge
e che dentro ci hai scritto quei sogni selvaggi
e incontri rabbiosi come il grigio di pioggia
che ti riportano in gola
quei gemiti inespressi con la voce di un'altra
e ti accorgi della nuova creatura venuta fuori dal trucco
come guerriera che con dignità feroce
uccide quel dèmone sempre alle spalle
che ancora ci prova e ti seduce...
e succede che apri la porta e respiri aria nuova e pulita
convinta di avere il mondo nelle tue mani
e ti rendi conto di quanto sei forte
e che profumi finalmente di vita.

Andrea Iaia




mercoledì 13 novembre 2013

Prigioniera di un sogno



Non basta il tempo e l'attesa.
Il silenzio e una lacrima
che scende appena dagli occhi
e si ferma come spina
a pungere dentro la carne
a farmi desiderare quel momento d'averti.
Non mi basta perché sono forse maldestra
e sogno viaggi di carta
in cui ci sei tu a consumare i miei voli,
affamato della mia bocca che geme
mentre mi righi con dita tratti di pelle.
Sono prigioniera di un sogno
che si rinnova nella notte di spettri,
dove gli occhi sono brillanti
che rallentano il tempo
e fendono l'aria nei profumi di carne
che sono balsamo per chi freme
pieghe selvagge
nel linguaggio di dolci respiri
che s'intrinsecano in melodie
alitando dentro la notte come zefiro
nel sussurro che deforma la bocca.
E non mi basta immaginarti
in dannate carezze delle mie mani
che s'increspano nei racconti
di un immaginario fumo
che anima ombre sulla parete,
ma voglio che tu sia dentro di me
come orchidea infilata nell'emozione
che toglie il respiro ed anche il suono
in quel meraviglioso abbraccio
che ha il peso di una lieve carezza.
Tra i mille linguaggi del tempo
scelgo te, che sei respiro
nel mio essere donna...
e vorrei avere le ali 
per raggiungerti ovunque sei
e comparirti all'istante alla tua porta
per farti un regalo che non ti aspetti.

Andrea Iaia

martedì 12 novembre 2013

Con te al mio fianco



Con te al mio fianco
sotto la pioggia,
in una via laterale del centro
di un paese che non conosciamo,
in quel dolce tormento
di sentirci vicini
ma anche lontani
da chi non accetta la nostra fuga.
Con te al mio fianco,
in quello che dicono sia una colpa
incontrarsi in tempi diversi,
come il tempo
in cui stiamo vivendo i respiri
che sono bagnati di un grosso peccato
dove umide sono le nostre anime,
sorprese da lacrime romantiche
e senza velo,
come pietre di raffinato cristallo
che sciolgono il cuore
e fan rifiorire primavera diversa
in noi che abbiamo già perso
quel viaggio con i nostri compagni.
Sospesi nell'improvvisa passione
e nel mare di chi non teme confronti,
sotto la pioggia cui non sappiamo
se è benefica in un suono migliore...
come non so se sono io l'adulatore
che ti trascina a violare il tuo letto.
So però che con te io sono un altro,
uno che era sconfitto
e che ora ha trovato l'ardore
di vivere un'altra vita.
Con te al mio fianco,
tra gli odori di pioggia
e di umido di strada e pareti
che scivola sui vetri appannati
per nascondere un nostro segreto.

Andrea Iaia


lunedì 11 novembre 2013

Stupiscimi



Siamo in quel tempo
in cui girando il foglio di pagina
scopriamo che il domani è già cominciato
e si chiama "presente"...
e che il male e i rancori di ieri
scorrono nel fiume dei ricordi
per cominciare una nuova alba
che toglie il velo al giorno
per posare il suo sguardo sugli innocenti.
Siamo il passato dentro un nuovo racconto
di un giorno qualunque che sa di pioggia
 o di sole di un tempo illuminato
e modellati in quel labirinto
in cui siamo spessi perduti
in una vita che non abbiamo 
nemmeno vissuto.
Stupiscimi tu allora...
in questo giorno che implora emozioni
e accogli tra le mani
il vento delle mie paure
per portarle altrove,
ad inebriarli di quell'orizzonte
dove sono nascosti i retaggi
come quadri appesi al muro
delle apparenze,
e dentro, vi sono gli odori selvaggi
di pianure immacolate di sentimenti
e di quel vino dolce, fruttato di malvasia
che sanno di labbra 
che sposano le mie nella divina poesia.
L'amore inizia dove finisce l'incoscienza
e si ricomincia, come il giorno
che non toglie lo sguardo alla notte
e lo sorveglia nel suo dormire
pur sapendo che scrive un'altra storia
dentro il ciclo delle emozioni
in cui le parole non sono di chi li legge,
ma dell'assoluto universo
 che imprime a tutti emozioni diverse.
Stupiscimi attraverso mani che tremano
nell'accarezzare un abbraccio 
che incolla questa vita stupenda
per farne sorrisi che tolgono pesi...
e stupiscimi dei giorni e dei mesi
in cui potrò ricordare
il passaggio di angeli
in nuove storie che potrò
ai figli dei figli poi raccontare.

Andrea Iaia

domenica 10 novembre 2013

Una bravissima moglie



Sconosciuto riflesso era dentro di lei,
in quel cielo di spoglie illusioni,
e nel sottile mondo di donna
delusa da un sogno infranto
un mattino d'autunno.
Innamorata di chi ha saputo entrarci dentro
in silenzio e punta di piedi 
scoperchiando il suo arcano,
ha voluto dargli la mano
per un viaggio verso una libera uscita
in un sentiero oltre la confezione
di una certa attrazione.
Sconosciuto mondo
quel disegno assai femminile
che gioca a scomporre i sentimenti
e beve l'illogico ruolo di essere amante
di uno che ne scopre i valori
e lo fa combaciare con l'evasione.
E il fuoco avvampa quando rinasce certa passione...
e lei si trovò a trasgredire se stessa,
e disse al suo uomo che c'era una festa,
e che doveva restare una notte
nel forte contrasto di libera voglia
di una certa conquista.
E fu dentro il letto di un altro
in un motel sulla strada,
come nei film in cui ci si da di tutto
proprio perché l'oltre
è la magia di una nuova rugiada
che bagna certe emozioni.
Ma il mattino fu acqua di un gran temporale
che bagna la terra e ne scopre i tratti migliori:
quella fuga viziata da belle parole,
la scoprirono fragile fiore appassito che muore.
Portami via, disse a quell'uomo...
il mio uomo a casa m'aspetta
e io non posso fargli questo dispetto...
e in fondo anche tu hai qualcuno
che ha fretta di rivederti.
Fu solo una volta che lei attraversò quell'oltre...
e si fece lasciare in campagna,
a metà strada del suo certo disegno.
Fu vista col trolley passare dal lago
dove il rimorso si fece sottile spago
intorno al suo collo...
e la trovarono appesa ad un tiglio
e suo marito incredulo disse 
che per lui era una bravissima moglie.

Andrea Iaia

venerdì 8 novembre 2013

Ti bacerei nel bel mezzo di un temporale



Ti bacerei nel bel mezzo di un temporale.
Al fragore di un lampo
per vederti negli occhi
quella luce che taglia il desiderio,
e che aspetta il suono di un tuono 
che squarcia il velo del cielo
per sentire poi le tue calde ali
sulle mie spalle
nel fremore di battiti
in cui tutto è racchiuso
nel sospeso di attimi
che vogliono fondersi 
per vivere la magica voglia
di avere quel contatto di pelle.
Mischierei l'umore di labbra
alla rugiada di pioggia
per dissetarmi di un viaggio
nei percorsi di lingua,
mentre asciughi passione immersa
che segue il corso
come un fiume che scende 
in maniera indiscreta a valle.
E frugherei il tempio divino
che cela intimi accordi
che sussurrano appena
quel "non farmi del male",
ma assaggia quei gemiti intensi
in quel sogno ancestrale
in cui l'acqua non bagna poi il corpo,
ma solo quel desiderio
in sequenze di grigio.
Ti bacerei nel bel mezzo di un temporale
per vivere il film della vita...
nello straordinario spettacolo
dentro la mia coscienza
che conserverà il segreto di averti amato,
anche se tra noi, 
ci divide un'eterna distanza.

Andrea Iaia

mercoledì 6 novembre 2013

Frammenti d'immagini



Frammenti d'immagini
in polvere d'oro di luce
a danzar nella stanza...
come altalena ferma nel tempo
che ha visto i figli dei figli
dondolare e crescere in quella clemenza
di ogni giorno concesso.
E come coriandoli sparsi
sui sorrisi immutati
che hanno solo il volto cambiato
e una pelle diversa,
m'inginocchio al mio rivedermi
a raccogliere quei pezzi di fragili pastelli
che han colorato quei sogni
che non ho visto passare
ma che sono nascosti nella coscienza.
Vivo dentro il presente
e in quel meglio che deve ancora avvenire
per raccontare ai figli dei figli
quella notte che ho sognato di stare a morire
e che la luce del caldo mattino
mi ha riportato
dove il cuore era ormai intrappolato
in un inverno che non voleva passare
e qualcosa poi l'ha liberato 
per farlo danzare ancora al sole.
Mi hanno detto che sono uscito da un coma,
ma io ero sereno in quella limpida luce
tra le braccia di quella signora
dalla splendida chioma
che spingeva i miei sogni
sull'altalena ai piedi del mondo.

Andrea Iaia



sabato 2 novembre 2013

La danza del silenzio



 
C'è la mia anima nella valle
in cui magica è la luce in accordi d'acqua tersa
che diventano compagni nei riflessi di quei giorni
della festa del castagno...
amplesso di ciò che la natura offriva
nel togliere il suo velo
ad un disegno che faceva stare bene.
Un tuffo nel passato
dove danzano le immagini
tra lenzuola lavate e stese al sole
ondulate appena dal saluto al vento,
che scostava ciocche
ad una donna china sulla cesta del bucato...
con i suoi seni bianchi esposti...
unguento sulla pelle e balsamo per un infante
che si nascondeva apposta per scoprirla in quell'oltre,
dove il confine della gonna
si fermava ai reggenti dei miei certi affanni.
E in un passaggio di parole di un suo canto
il silenzio mi prendeva fuori tempo
modulato dai profumi di quei campi
nel miscuglio dei pensieri vagabondi
mentre spiavo quelle grazie dell'autunno
e sognavo d'incrociare il suo sguardo
anche solo per un'istante
per offrirle il morboso bacio sulla bocca.
La danza del silenzio nei respiri soffocati,
dolce e pia sequenza di un fanciullo innamorato
di un sogno troppo grande...
era figlio di una voglia di scoprire il sesso
con lei che mi sorprendeva
in quel bucato troppo lindo
confuso ed estasiato
nei sospiri miei più profondi.
Poi, all'improvviso un uomo alle sue spalle
conturbò quel silenzio nella valle...
uno con la giacca verde
a calpestare il muschio con gli stivali grandi
e dietro a lui, soldati a piedi
in un ritorno forestiero
dove il fiume aveva il sangue dello straniero.

Ricordo quell'odore acre e quei calci nello sterno,
le urla della donna nella violenza di quel giorno
e io che non capivo.
Dicevano ch'era una puttana e se lo meritava
sol perché per un pugno di farina
aveva accolto lo straniero
e quelli, la sera prima,
furono selvaggi, oltre al bosco
in un misero villaggio.
Ma per me era solo una donna stretta dentro il suo bisogno
di sopravvivere al destino,
e in fondo, anche lei aveva figli da sfamare
e anche di quel poco da sognare.
Guardai a turno consumare quel vil pasto
come belve affamate sulla preda...
io che adesso sono un prete
e mi vergogno della danza del silenzio
che mi prese in quello strazio troppo grande
nel veder quelle lenzuola macchiate
dal suo sangue.

E la finirono al vespro della sera
con la scusa di una guerra che la vista appanna...
e che quella donna non era che un inganno,
una che non doveva poi svegliare il sonno
di un istinto un po' animale.
Ma per me era solo un sogno troppo grande...
una che piegata al suo bucato
e con i seni bianchi esposti
mi lasciava senza fiato
nel remoto tempo di uno sfogo al vento.
Guardai la scena chiudersi col rimorso
nascosto tra le foglie del castagno sanguinante
a quelle impronte ferme che calpestavano il silenzio
mentre se ne andavano tutti quanti...
e fu allora che la pietà mi avvolse
come un pugno nello stomaco disciolto
ad un vigliacco
che non s'era fatto uccidere con lei
in quel ritaglio capovolto.
La coprii con un lenzuolo contemplando il volto
e la baciai sulla bocca con un pianto a tratti rotto.
E nella danza del silenzio
in cui magica è la luce
in accordi d'acqua tersa,
quel novembre torna come spettro
mentre ricalco il ritorno nella valle
per depositare fiori in quel sogno rotto dall'inganno.
Andrea Iaia