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giovedì 29 gennaio 2015

Ipocrisia che danza nel teatro della vita


Aria di tempesta
nella grande festa della natura
in cui anche l'alba fa paura
a chi comincia ad assaggiare il giorno,
mentre c'è chi fa ritorno alla sua fede,
e chi invoca Dio un'insolita protezione
solo per vedere cosa accade.
E' l'ipocrisia che compare nel teatro della vita
e danza sotto il cielo ormai distante anni luce
concedendo il suo respiro al pubblico che applaude,
 e lo seduce con eleganza ed il vestito dell'apparire,
 mentre qualcuno nasce e il vagito si perde
nelle urla di qualcun altro segregato in casa,
è una donna, diventata ormai un fardello nel suo letto
col minuscolo suo peso,
eppure, lei e il nuovo nato son le stesse face dell'umano
uguale al Cristo appeso al muro
e in bella mostra per chi crede sia lontano 
e non vede chi poi muore.

E non c'è peggior tempesta nel cuore di chi prega,
di chi è convinto che fare casa e chiesa
infine il conto paga,
ci sono monumenti d'ipocrisia
in chi va a far la spesa, mentre affianco alla sua casa
quella donna urla ancora di dolore e sta morendo di stenti e fame,
e magari sta comprando cibo per il gatto...
difende la natura e la caricatura di se stessa
che non somiglia neanche un poco a quel suo Cristo
appeso al muro.
Ipocrisia che balla nell'unico suo atto e ti possiede, 
anche se fai finta di capire
e ti batti il petto mille volte...
non ci saranno i santi a salvarti
perché l'anima l'hai sepolta nell'illogico gioco 
del non includere mai gli altri.

Se penso a cosa siamo...
girandola nel vento è questa voglia di andare avanti,
che ruota libera in se stessa e non va oltre il pianto
che dovrebbe smuovere le coscienze...
mentre esplode un'uomo in nome del suo credo,
osannando Dio mentre uccide...
e guarda un poco cos'hai fatto, io chiedo a quel Cristo,
le anime non sono al posto giusto
o sono io che sto perdendo la mia fede,
e l'ipocrisia danza e fa cadere il suo vestito
per dirci che siamo nudi a quel sottile filo che ci lega
 a diventare autori di una bella sceneggiata.
Ipocrisia che ci cattura in un momento insolito della vita
e ci trascina a quel pensiero del...
“Tanto, non sono io che ho creato questo mondo.”.

Andrea Iaia

lunedì 26 gennaio 2015

Se sapessi come raggiungerti...

Continua a sfiorarmi l’anima, a toccarmi, non smettere mai di seguirmi nel mio regno, ti guiderò alla scoperta delle mie emozioni e dei miei sensi dove ritroverai il piacere del peccato…………….Buongiorno Anime Peccaminose…………… Sinner ©

 Se sapessi come raggiungerti
sfiderei la gravità e le leggi cosmiche
per stare dove mi vorresti,
ma ho sempre avuto l'impressione
di essere in alto mare e nuotare ore ed ore
per chissà dove, magari a vuoto, 
oppure farmi sommergere dalle onde 
che mi trascinano dove son partito
perché nella tua vita non mi ci volevi fare entrare,
colpa di quel crescere
dove i figli si separano e vogliono volare in alto
senza aver le ali, per tornare quando son caduti 
per quell'aiuto dove le parole sono pillole ridicole.
Le mie mani ora inventano carezze invisibili
ed aprono quel velo di emozioni al tuo sorriso
ormai indelebile dentro i miei ricordi...
ed hanno voglia di abbracciarti,
tenerti stretta in questo tempo assurdo
dove la logica è bugiarda,
fatta apposta per farti piangere
 e rendere difficile ogni rapporto...
mentre vorrei solo un tuo leggero sguardo
per dirmi che dove ti trovi ora stai bene con te stessa.
Io lo so che la mia fede
è quella che mantiene viva una promessa...
che sei oltre l'universo
accanto a un Dio sbalordito
 per quel che accade sulla terra...
e che a volte siamo tutti sordomuti 
alle coscienze che ci parlano
ed osservano quel silenzio fatto apposta per dimenticare.
Ma voglio ancor sognare e restare senza fiato
se sapessi come raggiungerti
e rivederti ancora anche per un minuto,
il tempo di guardare se dentro gli occhi
hai quel brillare della stessa luce che ti ha visto crescere.
Supererei le montagne come fanno gli aeroplani
per cercarti tra le nuvole
e riprenderti in quel sogno
dove piangere vuol dire emozionarsi
e anche perdersi in quella voglia
di ricominciare a vivere.
E lo so che se potessi ritornare
mi vorresti fra le braccia
a sporcare la mia faccia con quel rimmel sciolto
e a farmi percepire il profumo dei capelli
per dedicarmi quel tempo tolto inutilmente
e quel bisogno di comprendere 
che anche un padre è stato un figlio.
Ma se sapessi come raggiungerti e parlarti ancora...
sbalordiremmo Dio che se ne sta seduto alla poltrona,
mentre vede cosa arriva a fare l'amore 
che buca l'universo per attingere un perdono.
Stupiremmo tutti come un viaggio in alto mare, 
quel mare capovolto che si chiama cielo
mentre scostiamo le nuvole con le mani
per continuare a vivere ovunque andiamo.

Andrea Iaia

mercoledì 21 gennaio 2015

Emozioni disordinate


Tutto mi parla di te
e mi conduce nelle stanze dell'anima
a visitare il tuo modo
di rivestirmi e spogliarmi in un solo istante,
mentre dipingo con la mia bocca
di un rosso e graffiante rossetto
le tue labbra confuse sopra le mie.
Emozioni disordinate,
vissute e diffuse
come fragranza di dolce profumo
in quel grande silenzio
che sa fare di noi
amanti persi in quel grande connubio
di colpi proibiti...
e mi parla di te il sale degli occhi
che scivola sulla distorta bocca, la mia,
mentre morde a tratti la pelle,
la tua, che sa farne poesia.
Mi parla di te quel modo pazzesco
di lasciarmi segni violacei sul collo
per delimitarne un certo possesso...
orgoglio di maschio, nel volere tutto
dalla sua femmina per soggiogarla al piacere
e farla perdere nel vortice dei sensi
come vino passito dentro un bicchiere
che va bevuto a piccoli sorsi.
Voglio essere calda,
perciò ti aspetto stasera, ovunque vuoi,
dentro un letto od un libro
 a solcare i miei sogni,
mentre lascio aperta la porta
al tuo modo di venire a girare la pagina
del mio corpo che vuol essere tuo.

Andrea Iaia

giovedì 15 gennaio 2015

Quel monello...

mimbeau:

Rue Lepic at Montmartre
Paris 1930s
Keystone Agency

Esplodo come un fiore che s'apre al sole
e come una speranza da rivalutare
quelle cose ormai passate,
perché non dimentico da dove son venuto
e qual'è la mia fede.
Ti dicono che non tornerai indietro
e che il grigio è un colore un po' brutale,
ma la pioggia e l'acqua
sono frutti dello stesso cielo
che danno forma a nuova vita,
e nessuno ha pianto per un moto ancestrale
o di sguardi verso il fondo per capire
dove finisce ed inizia una nuova storia.
Io son cresciuto a pane duro
dove i rulli di tamburi era il flusso d'acqua 
che scorreva come sangue nelle vene,
 figlio di un dopo guerra
e monello nel mio tempo,
catturando indignazione per un poco di sorriso...
e magari avessero capito quelle persone curve dentro i campi
e le loro donne vestite sempre a nero
che nei calzoni corti e in quella faccia sporca
c'era un sogno da sciogliere come un colore nuovo
sulla tavolozza degli acquerelli del destino.
Sono stato un figlio senza il prodotto di una marca
che oggi distingue i figli separandoli da altri,
e non c'era la Nutella e la Coca Cola per essere sparvieri,
ma del caffè o del buon vino sopra il pane
arricchito con lo zucchero per essere mondano...
cioccolato dagli americani, quello duro... 
e sembra ieri che stracci avvolti formavano un pallone
da tirare a calci nella polvere,
 dove Ciccio, l'amico più nutrito
stava sempre in porta a difendere la sua squadra arcobaleno.
Oppure mi divertivo a salire sui lampioni
mentre mia madre mi spiava da dietro le persiane
per vedere l'ombra di quel sole che mi moriva oltre,
e se avevo sassi che bucavano le tasche
per tirarle dietro ai vetri di una fanciulla innamorata
di un monello, qual'ero io nel suo sogno che era anche il mio.
 E dall'altipiano delle nuvole
nascondevo le speranze da riprendere da grandi
e le sigarette nei calzini da fumare insieme,
magari poi da soli e distesi sopra l'erba, 
quando non c'erano domande sul bene e il male, 
e nemmeno quel pretaccio di campagna
che ti ammoniva sempre per gli atti impuri,
ma che sotto sotto ci filava a voler sapere 
com'era andata con la figlia del barbiere.
Se il progresso è diventato un prodotto deficiente...
allora vorrei tornare ad essere quello dai capelli scompigliati,
magari ora che ho la faccia più pulita
e non ho la stessa strada dove son cresciuto,
perché a differenza di quel che piace
e del benessere, rapace di anime da mangiare,
io sono quel monello dentro
che non rinnega i pugni in faccia
e le botte avute da mia madre,
per raddrizzarmi la mia schiena, la sua filosofia,
 in quel velo di sapore dove il profumo di saper crescere
non aveva la paura del domani.

Andrea Iaia

Sono un'anima che...

Adesso ti cercherò in ogni angolo di questa casa, in ogni parete, in ogni posto dove sei passata, seguirò i tuoi profumi, i tuoi segni, le tue tracce, gli echi delle tue parole, i tuoi sapori e i gemiti tra le lenzuola………….
Sinner ©

Sai, dentro il silenzio
ci sono parole che fanno da colonna sonora
nel film della vita
e raccontano cosa ci manca
quando abbiamo quel peso che schiaccia e ci opprime...
quasi fosse invidioso del tutto 
che ci circonda e ci possiede.
Siamo soli anche se tutto ruota intorno al nostro io.
Un satellite perso in cerca di chi 
può metterci nel posto giusto,
e potrei essere acqua che segue il corso che scende a valle,
ma se non mi distraggo 
e volo altrove in dissolvenza o devio il percorso,
resto sempre in un piccolo spazio
in cui aggrovigliarmi nei miei stessi pensieri.
Perciò sono un'anima in cerca d'aria
in questo aspetto surreale del corpo,
quasi fosse una prigione in cui non posso fare altro
che districarmi tra i meandri di solitudine e confusione,
dove ognuno cerca la parte mancante di se 
che gli ha tolto il sorriso,
come un bambino in una stanza piena di giocattoli vari,
dove gli manca quello cui spegnere la sete 
del suo possesso.
Un'anima che vuole rinascere in un punto diverso
del solito contesto, filosofia, moda 
e concezioni di diseguaglianza,
in cerca di libertà che non è compromessa 
dall'eleganza d'essere legato in tempi senza sorrisi,
solo perché il mondo continua ad andare in avanti
e prospetta il meglio nell'illusione.
Si va nello spazio in cerca di forme di vita
mentre si dimentica quelle passate,
e chi resta alla fermata del tempo,
in attesa che il buio del suo disagio
si dissolva in un nuovo mattino.
Si dimentica persino se stesso nel grande silenzio,
dove abbracciarsi nasconde infinite paure.
E c'è bisogno di innamorarsi.
Per questo, il silenzio grida forte nel cuore
che non bisogna morire dove si passa,
ma che si cammina inseguendo i profumi
dove la vita lascia i suoi segni
che possono essere semi 
che nascono e producono un fiore,
la pioggia che bagna o tracce di un corso 
dove finiscono gli echi delle parole,
oppure dove nascono i gemiti tra le lenzuola
di chi si ama e ingoia sospiri, 
e vede il sole brillare negli occhi dell'altro.

Andrea Iaia

mercoledì 14 gennaio 2015

Pelle di seta

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Pelle di seta
che sa di malva e sale
come le calze, velate e reggenti
che generano emozioni ancestrali
su gambe di donna infinitamente sensuale
per occhi che apprezzano
ed amano osservarla.
Lei si veste,
la vedo ogni giorno dalla finestra,
e quasi sembra un appuntamento
il nostro incontro...
di cui lei, di me, non sa nulla,
neanche che esisto.
Ha carne di latte, di cui la bocca si nutrirebbe,
se solo l'avessi nella mia stanza,
e la seguo intanto, mentre canta un motivetto
di cui non odo la musica,
ma che dal labiale comprendo
che gioca in modo infantile col suo corpo.

Pelle di seta,
libera e quasi selvaggia
in cui la luce assaggia 
quel connubio dei movimenti,
e diventa amante, prendendosi tutto,
anche i frutti abbondanti dei seni.
Ed io che ne ammiro le forme,
vorrei che il desiderio mutasse
e la mia bocca sia a mordere in un gioco sottile e vizioso,
ne l'aspra voglia di succhiarne i capezzoli
per scendere poi sul monte di venere
e mescolare il sale di lingua
col suo di carne.
Ogni volta, come un rituale percepisco il suo odore
che mi confonde in questo sogno,
anche nel momento in cui vestita, la vedo truccarsi allo specchio.
Vorrei essere alle sue spalle per abbracciarla
e sussurrarle quanto la amo nel mio silenzio,
mentre la guardo negli occhi
e aspetto che anche lei scenda 
in quel precipizio dove brucio per lei 
di dolce passione.

Andrea Iaia

martedì 6 gennaio 2015

Rimani...


 Rimani in questa delicata armonia,
affinché nessuno di noi due si senta solo questa sera
e abbracciami più forte: c'è comunque poesia
quando qualcosa sta per finire,
per iniziare un secondo ciclo della vita.
Rimani, perché se vuoi partire
puoi farlo con il cuore.
Certe scelte fanno del male
ma solo per quel tempo giusto di capire
che non si può morire di passioni e di legami,
e che ognuno è libero di scrivere la sua storia
in quel film che lo coinvolge sino alla fine.
Ed io accetterò il tuo finale
seppur con quel dolore del distacco
come un dono senza fiocco da sciogliere...
rimani dentro, sino al tempo della ragione
e prima che il cervello vada ad infilarsi
in quella strana confusione
per precipitare nel buio di quel male
che dicono sia il carcere dell'anima.
Adesso che te l'ho detto anche l'aria è diventata pura
come quando dopo il temporale cessa all'improvviso
e si percepiscono gli odori della terra.
Il nuovo seme che crescerà nel suo ventre
non avrà la concezione della guerra,
che di chiunque sia la colpa,
vuole solo che rimane l'attimo
in cui la natura ti fa dire “Io ti voglio bene.”.
Rimani, se non con il corpo,
almeno per quel che ci siamo dati
in questa fragile avventura,
cosa che non cambierei nulla
per paura di perderti di nuovo,
perché ci si allontana per un dispiacere
o per scelta di morire,
ma si rimane dentro quel cuore che non dimentica
le volte in cui ci siamo detti di volerci bene.
Il legame è come un palloncino
con una rosa appesa a un filo.
Entrambi sono fragili nel volo verso l'alto...
e se uno ha paura di scoppiare nella dolcezza dell'atmosfera,
l'altra, teme solo che le sue spine possano ferire
e far perdere il suo profumo.

Andrea Iaia