Elise, sognava una grande compagna,
qualcuno che in fondo non fosse sua madre
ma un'amica nel circo terreno
puledra di tenerezza,
disegno più femminile.
E scrutava le nuvole, quelle più alte,
metamorfosi di certa pioggia,
un colore più caldo di un tramonto che assaggia
un domani più grande...
come se un illusionista le comparisse davanti
mutando la scena in una grande bugia.
Elise sognava un cane che corre
ma non sulla terra
formando con tenere mani
forme concrete che non fosse nell'anima
la solita guerra, quella dei suoi genitori
ogni giorno alla tavola,
luogo di incontro e di armonia,
punto più dolce di certa poesia.
E di colpo...
mutò in una gran donna
svegliandosi dopo vent'anni...
un fiore più nuovo, incolta dal mago
che l'aveva creata...
e si perse nell'essere madre,
amica fedele di una bimba malata
che chiedeva solo di fare disegni
con le nuvole del grande cielo.
E capì che sognare può essere utile
se dentro non c'è quella fretta di crescere,
se non vivi il presente,
se cadi e non ti fai male...
e se i sogni si infrangono alla sua mareggiata.
Elise aveva sprecato il suo tempo
ad odiare la parte di se cui non credeva...
e non vedeva i sorrisi, la parte più grassa
e le scuse che fanno parte del conto
che l'avevano giusto abbagliata.
E sognò di tornare bambina
per correre dai suoi genitori col cuore in gola
e abbracciarli per quella vita,
passaggio dell'intimo a non essere soli
nel disegno di ognuno.
Si addormentò di nuovo,
sperando di tornare nel solito luogo
epilogo di una via della vita
che cerca le sue emozioni
nell'inconscio più strano.
Andrea Iaia
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