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lunedì 23 dicembre 2013

Quel 23 dicembre...

Quel 23 dicembre
tornava come sempre
con l'andare poco stanco verso sera...
 mio padre.
Posò il cappello
al chiodo freddo delle stelle
con una lacrima dentro gli occhi
mentre in mano aveva due ciambelle
e nell'altra, un pacco avvolto in foglio di giornale...
 e io che stavo al davanzale
ad aspettare chissà cosa
e sognavo ad occhi aperti il mio regalo di Natale,
vidi sciogliere dentro il sale
e nel sussurro per non farmi poi sentire
mentre scartava il pacco...
che aveva perso il suo lavoro.
Può sembrare un po' banale,
ma un cappotto di paltò
che accarezzo ora nell'armadio,
è come aprire un baule di ricordi
dentro pagine di un tempo,
e quel pacco avvolto nel giornale
era un dono della croce rossa per sussidio.
Rivedo l'acqua chiara dentro gli occhi di mia madre
 e insieme al mio nello specchio,
quello desolato di mio padre
con il taglio di una storia di rinunce.
E quel 23 dicembre,
accanto al fuoco di un braciere,
cianfrusaglie e scarpe usate
per i poveri del quartiere...
biscotti e poca roba
con un sogno poi da bere in quelle grandi ciglia
che sembravan foglie di betulla
ondulate poi dal nulla.
Mio padre poi giurò di non aver bevuto
e raccontò d'aver visto un carro tagliare il cielo
mentre tornava a casa,
e una mano gettar germogli sulla terra per sfaldare il gelo.
E mentre mamma apparecchiava,
bussarono alla porta e di colpo tanta gente
ed ognuno aveva in mano quel qualcosa...
stessi poveri del quartiere
con il sorriso dignitoso...
che dissero: “Siamo in tanti,
 e non c'è bisogno poi di vergognarsi
se vediamo spegnersi quei sogni.
La vigilia di Natale c'è il giudizio universale
col bambinello nato al mondo che ci aspetta...
e comunque, andiam nei campi a pregare tutti quanti
come i pastorelli del presepe
e magari ci portiamo qualche bottiglia di spumante.”.
Cancellai dai sogni quella bicicletta
scritta nella letterina di Natale
e con quel che avevo, il giorno dopo
comprai una cravatta
per mio padre che li guardava con occhi asciutti
per andar con loro in quella favola glaciale
cui stranamente non sentivo freddo.
Quel 23 dicembre del sessantacinque
gettammo nella cenere il pianto della notte
e diventai più grande
allo scoccare della mezzanotte.

Andrea Iaia 

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