E allora si faceva festa,
quando l'uomo col pianino
veniva sotto casa
e le finestre si aprivano
come a fare entrare il sole
a riscaldare i muri.
Le acerbe ragazzine
con i calzettoni bianchi
e tirati sopra gli stivali
erano le prime a rompere gli schemi
e a danzare in quello spazio
circoscritto da un suolo polveroso...
innocenza che sposava
la gioia dentro gli occhi,
mentre il mormorio dei vecchi
si faceva musica
dai balconi un po' corrosi
di quella pioggia dei ricordi
in cui essere felici dentro
non era un'ambizione.
Si faceva festa col pane cotto in casa,
un pugno di fagioli
ed un bicchiere di buon vino...
mentre scendevano i fidanzati,
quelli ch'erano scappati
ed ora sulla via, ad ottenere quel perdono...
con la complicità dell'uomo del pianino,
che incalzava sulla manovella...
e delle buone donne con le mani di farina...
dolci nel vassoio e buon marsala
per creare quel quadretto
a mo' di dispetto alla mala sorte.
E allora, si faceva festa
col nonno che non sentiva
e confondeva quei promessi sposi
come ladri della sua dentiera
e ridevano i parenti a crepapelle
mentre il ballo andava avanti fino a sera
con il gioco della spazzola
e una quadriglia nel cortile.
Anni cinquanta, patinati e lucidi
come un palpito più forte che mi prende
nel guardare questa antica fotografia...
mia madre balla con mia zia,
nella cornice di splendida poesia
e nel bianco e nero d'altri tempi.
Andrea Iaia
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